LETTERA/ “Difesa comune, la via maestra per costruire
l’Europa politica”
La difesa europea è una tappa obbligata per realizzare
l'Europa dei fondatori. L’autore è stato presidente dell’assemblea parlamentare
della Nato
Paolo Alli Pubblicato 18 Marzo 2025
Caro direttore,
non riesco proprio a iscrivermi al club di chi dice che
“l’Europa deve svegliarsi”. Non ci riesco perché l’Europa siamo noi, non altri
sui quali riversare – quando fa comodo – responsabilità e colpe.
Il club ora dice che non si può fare la difesa europea se
non c’è una politica estera comune, ma che questa non può esserci perché non
c’è unità politica. Questa Europa sarebbe uno strano animale a più teste, dalle
braccia rattrappite, animato da spiriti individualisti e laicisti, che non può
pensare di difendere confini comuni se prima non si dà una identità. Allora
chiudiamola questa Europa, se è così è inutile.
Io penso, invece, che l’Europa siamo noi. Lo penso anche
perché negli ultimi anni ho avuto la fortuna e la grazia di incontrare la
figura di Alcide De Gasperi e poterne approfondire il pensiero e la
testimonianza. De Gasperi credette incondizionatamente nell’Europa quando
ancora ne esisteva solo un barlume. La Comunità Europea del Carbone e
dell’Acciaio era un progetto debolissimo, frutto della paura della guerra. De
Gasperi, che con Schuman e Adenauer aveva una visione lungimirante e profetica,
non si arrestò di fronte a questo.
Ai molti che mi chiedono cosa penserebbe se fosse vivo,
rispondo che certamente sarebbe dispiaciuto che il suo progetto non si sia
ancora completato, ma non potrebbe non apprezzare i molti passi avanti fatti.
De Gasperi continuerebbe a credere nell’Europa, oggi come allora.
A partire dal tema della difesa comune: De Gasperi non
diceva che per fare la CED sarebbero servite prima una unità politica o una
visione comune di politica estera, anzi sosteneva che la difesa comune fosse la
via maestra per costruire l’Europa politica. Infatti, se i popoli decidono di
difendere i medesimi confini, significa che considerano quello che c’è
all’interno come una cosa sola: la polis comune. Questo vale oggi come allora.
Il club al quale non mi iscrivo sostiene che in Europa non
esiste per nulla una visione politica comune: il mio personale punto di vista è
molto diverso, e si basa su almeno quattro esempi.
Il primo risale ormai a 23 anni fa. Ciò che ha sempre
limitato il progetto europeo è stato il timore della “cessione di sovranità”.
Ma come osserva acutamente Antonio Polito nel suo libro Il costruttore, De
Gasperi non pensava a una cessione di sovranità, ma “… aveva capito che
l’interesse nazionale si protegge meglio in un consesso di nazioni in cui la
sovranità è condivisa, e per questo moltiplicata”.
L’euro è un esempio chiaro: i Paesi che vi hanno aderito
hanno ceduto la propria sovranità monetaria, ma ne hanno ricevuto in cambio una
sovranità molto rafforzata. Senza l’euro, soltanto il marco avrebbe forse
potuto essere annoverato tra le valute di riserva, certamente non la lira, la
dracma o la peseta.
Negli ultimi anni abbiamo, poi, avuto tre “sveglie”, quelle
che gli americani chiamano wake-up calls: la pandemia, l’aggressione russa
all’Ucraina e ora l’avvento al potere negli Stati Uniti dello strano trio
Trump-Vance-Musk.
Alla pandemia, l’Unione Europea ha risposto facendo per la
prima volta debito comune con il Next Generation Fund, del quale il nostro
Paese ha abbondantemente beneficiato. Allora questo andava bene a tutti, anche
se non ricordo grandi parole di approvazione per il coraggio di Ursula von der
Leyen e delle vituperate istituzioni di Bruxelles.
Alla guerra russa l’UE ha risposto in modo unitario, non
cedendo al ricatto del gas con il quale Putin contava di dividere l’Europa,
anzi accettando di pagare un prezzo enorme in termini economici, perché il
sostegno al popolo ucraino era più importante.
La terza sveglia è vista ora da molti (da alcuni persino con
un certo sollievo) come quella che dovrebbe definitivamente distruggere il
fragile progetto europeo. La risposta, per ora, è stata immediata: in un mondo
ormai in guerra, e senza più la protezione americana, occorre che l’Europa si
riarmi per ripristinare quella deterrenza che ha garantito ottant’anni di pace
e che colpevolmente abbiamo lasciato cadere, fidandoci ingenuamente della buona
fede di Mosca.
Dunque, scelte dove la politica ha prevalso.
È ovvio che il progetto europeo vada completato, a partire
dall’eliminazione del principio di unanimità, perché in democrazia contano le
maggioranze: ma la percezione che l’Europa sappia fare scelte politicamente
impegnative, insieme alla sua potenza economica, la rende un soggetto che fa
molto più paura di quanto noi possiamo immaginare. È questa la vera ragione per
la quale i potenti del mondo vogliono distruggere l’Unione Europea,
spartendosene le spoglie.
Andare avanti sul progetto di riarmo dell’Europa è
fondamentale per fare un nuovo passo verso la completa unione politica, ed è
giusto usare il termine riarmo perché siamo di fronte a interlocutori che non
hanno mezze misure. De Gasperi, cattolico profondamente convinto e in odore di
beatificazione, scriveva: “Le alleanze difensive, e soprattutto gli armamenti
che ne sono la conseguenza, sono una dura necessità preliminare”. Forse anche
molti cattolici dovrebbero rileggere oggi queste righe.
Anziché continuare a indebolire il modello europeo,
spingendo l’opinione pubblica sempre più verso l’euro-scetticismo, dovremmo
difenderlo, perché, pur con tutti i suoi limiti e con buona pace del
vice-presidente americano Vance, esso poggia ancora su valori solidi.
(….)
https://www.ilsussidiario.net/news/lettera-difesa-comune-la-via-maestra-per-costruire-leuropa-politica/2813533/#:~:text=CRONACA-,LETTERA/%20%E2%80%9CDifesa%20comune%2C%20la%20via%20maestra%20per%20costruire%20l%E2%80%99Europa%20politica%E2%80%9D,Ma%20proprio%20per%20nulla.,-%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94Ma
proprio per nulla.