il presidente ucraino Volodymyr Zelensky incontra a Jeddah i diplomatici sauditi (Ansa)
TRA UCRAINA E GAZA/ Fattore Arabia, ecco perché Trump ha mollato Kiev
In Arabia Saudita oggi si incontrano la delegazione ucraina
e quella americana. Ma quanto è importante l’Ucraina nella nuovo corso
trumpiano?
Leonardo Tirabassi Pubblicato 11 Marzo 2025
Fatti, simboli, interpretazioni, opinioni, scelte e
preferenze personali non sono la stessa merce. Non stanno sullo stesso piano.
Tanto più in guerra, quando a far da padrona è la propaganda, ma a contare sul
serio è la realtà.
Non è un lavoro facile analizzare qualcosa, perché il tifo,
cioè le passioni personali sostenute da fede a riprova di smentita, rendono
difficile qualsiasi interpretazione onesta. Tanto più quando sulla scena
internazionale si muovono personaggi politici, attori consumati, che hanno
fatto delle maschere la loro identità.
In Arabia Saudita, a Riyad, oggi si incontrano la
delegazione ucraina e quella americana
dopo il drammatico scontro tra Zelensky e Trump alla Casa Bianca
trasmesso in diretta su di un palcoscenico mondiale. Ecco, partiamo da qui,
dalla sede scelta degli incontri tra i protagonisti della guerra, russi,
ucraini e americani.
Se si vuole misurare tutta la differenza di peso e di
considerazione, per gli Stati Uniti, tra i due conflitti maggiori oggi in
corso, non si avrebbe dimostrazione più lampante. L’Arabia è assieme ad Israele
e quindi al Medio Oriente il centro delle attenzioni di Washington. Riyad è la
chiave di volta per lo sviluppo di una possibile pacificazione del conflitto
israelo-palestinese. L’Arabia è al centro degli Accordi di Abramo, che devono
ricominciare il più presto possibile.
È lo snodo fondamentale per lo sviluppo economico del grande
Medio Oriente, terra di mezzo tra l’India e l’Europa, il luogo simbolico e
reale per mettere con le spalle al muro l’Iran degli Ayatollah con la loro
bomba atomica in costruzione e rendere le cose difficili alla Cina. Ma trovando
un posto al tavolo da gioco anche a Putin. Questa è l’offerta.
Agli Stati Uniti oggi poco importa dell’Ucraina: è una
faccenda russo-europea, non mette a rischio nessun loro posizionamento
strategico. Kiev non è nella sfera d’influenza americana. Quello che gli Usa
volevano se lo sono già preso. Russia ed Europa sono in difficoltà economica e
politica, Svezia e Finlandia sono nella Nato.
Adesso viene la partita difficile e d’importanza strategica
per gli Usa. La Russia è ridotta a cliente di Pechino, costretta a svendere il
petrolio e il gas e quant’altro alla Cina, ma anche all’India; soffre di una
guerra sanguinosa, lunga e che costa comunque troppo, che le impedisce di
pensare ad altro, ad esempio a come muoversi nel Mediterraneo, a come far
decollare la sua economia ormai di guerra.
In un’epoca di incertezza, dove l’economia è diventata (ma
quando mai ha smesso di esserlo?) arma di guerra, le rotte, le vie di
comunicazione da dove passano gli approvvigionamenti sono diventati un
obiettivo primario.
Lo sapeva Roma, lo sapevano nel Medio Evo e Braudel ha
scritto pagine memorabili sulle vie che dall’estremo Nord, dal Mar Baltico e
poi lungo il Don e il Dniepr, arrivavano al Mar Nero, al Caspio, a
Costantinopoli e poi fino a Bagdad.
E quindi al Mediterraneo, per ricollegarsi, in direzione
dell’Estremo oriente, alle tante vie della Seta. Adesso non è certo un caso che
lo scontro tra Israele e Hamas vede il coinvolgimento degli Houthi yemeniti.
La geografia e l’economia, se non tutto, dicono molto delle
guerre. Se non spiegano certo i comportamenti dei protagonisti, per cui entrano
in gioco fattori quali la storia, l’identità, la memoria, l’odio, molto ci
dicono sulle azioni di chi può (o crede di poter) permettersi il lusso di
scegliere da quale parte stare. In questo caso abbiamo un incrocio e scontro di
interessi pauroso.
Ecco la cinese “Belt and Road Initiative” (BRI), il
corridoio con capofila gli USA “India-Middle East-Europe Economic Corridor”
(IMEC), il russo “International North-South Transport Corridor” (INSTC), ed il
turco “Trans-Caspian International Transport Route” (TITR).
Progetti dai costi esorbitanti e durata decennale, che
necessitano della collaborazione internazionale e della sicurezza delle zone
attraversate. E tutti progetti non neutrali. Infatti su di essi si giocano
alleanze e inimicizie come nelle guerre. Anzi sono essi stessi strumento di
guerra. Impedire alla Cina il passaggio dall’Iran vuol dire costringerla a
passare dal mare o spingerla a nord, comunque costringerla ad allungare il
percorso per le sue merci.
Mentre il corridoio indoeuropeo aggira l’Iran, esclude la
Cina, e trasforma Israele ed Haifa in un hub fondamentale per tutto il Medio
oriente, per il Golfo e l’Arabia. Ma se la rotta iraniana si chiude, se il
Caucaso diventa invalicabile, per la Russia significa che dal mar Baltico
all’India l’unica rotta possibile è via mare attraverso Gibilterra!
https://www.ilsussidiario.net/news/tra-ucraina-e-gaza-fattore-arabia-ecco-perche-trump-ha-mollato-kiev/2810808/#:~:text=UCRAINA-,TRA%20UCRAINA%20E%20GAZA/%20Fattore%20Arabia%2C%20ecco%20perch%C3%A9%20Trump%20ha%20mollato,molte%20le%20carte%20che%20gli%20Stati%20Uniti%20hanno%20in%20mano.%20Poi,-%2C%20%C3%A8%20vero%20rimangono