ALMASRI/ E Corte dell’Aja: 6 giorni, un errore e 3 domande
politiche che attendono risposta
Il mandato di arresto di Almasri emesso dalla CPI è stato
corretto sei giorni dopo. Un errore che è tornato utile a qualcuno
Paolo Torricella Pubblicato 31 Gennaio 2025
In una fase in cui il multilateralismo internazionale è in
profonda crisi, poche istituzioni restano in vita come un retaggio dell’antico
sogno della globalizzazione dei diritti. La Corte penale internazionale (CPI) è
uno di questi ed ha una sua evocativa forza come espressione della volontà dei
Paesi aderenti di sottoporsi al giudizio di quest’organismo laddove si presume
vengano compiuti crimini estremamente gravi. Il punto è che rischia di
diventare uno strumento di confusione enorme in un panorama di grande
difficoltà e rischia anche di diventare strumento, a sua insaputa, per
affrontare in maniera collaterale problemi di grande portata. Leggendo il
mandato di arresto per il presunto torturatore libico Almasri si scopre che
quel mandato era stato già emesso, con il voto contrario di una giudice
messicana, in data 18 gennaio 2025 ma viziato da qualche errore formale che al
momento non è dato conoscere. Lo stesso mandato è stato poi riemesso il giorno
25.
La cosa che fa riflettere è che un organismo così importante
possa commettere un errore nell’emettere un mandato di cattura e soprattutto
che per correggerlo impieghi più di una settimana. Il fatto è riportato in
maniera molto precisa nel documento pubblicato dalla Corte ed è pertanto un
elemento non dubitabile. Come chi sa chi è pratico di legge e procure, ma anche
che è appassionato di legal thriller, la tempestività di un arresto è tutto ed
un errore formale in un mandato è qualcosa di imperdonabile. Si rischia che un
criminale scappi perché manca un foglio, o è saltata una virgola, provocando la
più profonda delle frustrazioni, perché chi avrebbe dovuto operare in maniera
corretta non l’ha fatto. È altrettanto grave che quell’errore venga rilevato e
corretto ad una settimana di distanza, quando la sua efficacia rischia di
essere estremamente compromessa.
Ora, nel caso in questione, la già pessima figura della
Corte, che testimonia una sua profonda inefficienza che essa stessa denuncia
nei propri atti, si intreccia con un particolare non secondario. La settimana
prima del 25 gennaio, data in cui sono accaduti i famosi fatti oggetto
dell’avviso di indagine spedito martedì 28 gennaio a mezzo governo Meloni, il
torturatore libico era in un altro Paese, la Germania, e guarda caso l’errore è
stato corretto il giorno stesso in cui Almasri è arrivato in Italia. Le coincidenze
esistono e sono parte della vita, ma crederci è un atto di fede molto più
grande che farsi invece molte domande e cercare di avere risposte.
La prima domanda è quali provvedimenti sono stati assunti
dalla CPI al proprio interno per un errore così grave, che essa stessa
denuncia, ovvero l’emissione di un ordine di arresto errato e soprattutto la
sua correzione a ben sette giorni di distanza. La seconda è chiedere se
l’emissione di quest’ordine di arresto sia stata procedimentalizzato in maniera
corretta o se il suo iter abbia subito dei ritardi o delle accelerazioni e chi
le abbia eventualmente gestite. La terza domanda è chiedersi che cos’avrebbe
fatto la Germania se vi fosse stato l’ordine di arresto emesso dalla Corte
quando Almasri era sul suo territorio.
In questa storia i tempi contano, ma conta ancor di più il
fatto che le decisioni di un organo internazionale impattano in maniera
completamente diversa sugli interessi nazionali dei Paesi che dovrebbero
applicare il contenuto dei provvedimenti emessi. Molti personaggi politici sono
stati fatti oggetto di richieste di arresto da parte di questo organismo e
molti Paesi negli anni hanno deciso di attuare o meno, con vari stratagemmi
legati ai meccanismi interni, gli ordini provenienti dalla CPI. Sia ben chiaro
che quando parliamo di questi giudici non parliamo di magistrati come li
intendiamo nel nostro ordinamento. Sono giuristi individuati dai singoli Paesi
aderenti e che poi successivamente svolgono le funzioni in maniera turnaria a
seconda delle vicende da seguire. Detto con chiarezza, non hanno fatto un
concorso e non sono strutturati all’interno di un sistema statuale; sono e
restano emanazione più o meno diretta dei Paesi a cui appartengono.
(…..)
https://www.ilsussidiario.net/news/almasri-e-corte-dellaja-6-giorni-un-errore-e-3-domande-politiche-che-attendono-risposta/2796608/#:~:text=ESTERI-,ALMASRI/%20E%20Corte%20dell%E2%80%99Aja%3A%206%20giorni%2C%20un%20errore%20e%203%20domande,se%20non%20vincolato%20dal%20segreto%2C%20su%20come%20siano%20andate%20le%20cose.,-%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94%20%E2%80%94