mercoledì 24 gennaio 2007

Educazione. Prima emergenza per 6 italiani su 10


E 1 su 2 chiede docenti più qualificati. La gestione del sistema scolastico? Meglio se mista, con Stato e privato sociale. Lo pensa più della metà degli italiani.


Altro che debito pubblico, inflazione o parametri europei da rispettare. Per gli italiani la prima emergenza nazionale è quella dell'educazione. Un'emergenza, che rischia di condizionare lo sviluppo e il futuro del Paese. E' un vero e proprio grido d'allarme quello che emerge dal primo rapporto nazionale sullo stato dell'educazione italiana, promosso dalla Fondazione per la Sussidiarietà. Ben 61connazionali su 100 indicano come prioritaria l'emergenza educativa, ma un altro 35% la colloca ai primi posti. Cifre che fanno riflettere e chiedono risposte, che in parte sembrano emergere dallo stesso rapporto.
Infatti il 55% delle famiglie coinvolte nel rapporto indica nella "preparazione e nella capacità degli insegnanti" il fattore primario per dare vita a una scuola di qualiità, l'unica che può invertire la rotta.
Insomma docenti più capaci di "essere dei maestri", nel senso più alto del termine. Uno scenario condiviso anche dal mondo delle imprese e da quello delle Istituzioni, le altre due realtà coinvolte nel rapporto della Fondazione per la sussidiarietà, che sarà presentato questa mattina nell'Aula convegno del Cnr a Roma alla presenza anche del ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni. Il 55% delle imprese e il 60% delle Istituzioni indicano nella preparazione dei docenti il fattore vincente per una scuola di qualità.
Ma cosa dovrebbe far prevalere questa scuola di qualità, tra istruzioni ed educazione? Anche in questo caso le famiglie non sembrano avere dubbi: l'82% è convinto che la scuola serva innanzitutto a "istuire ed educare", cioè a formare la personalità e insieme fornire conoscenza. Decisamente minoritaria la posizione che sostiene che la scuola debba "limitarsi semplicemente ad addestrare a un lavoro" (il 13%). Una posizione, quella delle famiglie, condivisa anche dall'84% delle imprese italiane, che affidano il doppio incarico all'istruzione scuola. Un segnale forse inatteso dal mondo imprenditoriale, che ci si immagina più preoccupato di avere futuri lavoratori addestrati.
Al contrario l'educazione viene indicata come un valore imprescindibile, relegando all'11% la quota delle imprese che punta solo all'addestramento.
Interessante anche il capitolo sulla gesitone e il finaziamento del sistema scolastico, in cui emerge una sostanziale indicazione per una formula mista (Stato-privato sociale) in entrambi i campi, segno anche di una progressiva assimilazione del concetto di sussidiarietà, introdotto cinque anni fa nella Carta Costituzionale che regola il nostro Paese.
Il rapporto nazionale della Fondazione per la sussidarietà non dimentica di analizzare anche la situazione attuale del sistema scolastico italiano.
E i giudizi espressi non sono affatto lusinghieri. Se per una scuola di qualtià è la preparazione dei docenti il punto di forza, la stessa cosa avviene nell'analisi degli attuali difetti della scuola italiana. Il 43% delle famiglie indica nella "scarsa qualificazione dei docenti" il maggior difetto dell'attuale sistema, seguito (con il 20,6%) dallo scarso coordinamento tra gli insegnanti" e (con il 19,1%) dalla "assenza di incentivi".
Stesso ordine nei difetti della scuola italiana nelle risposte date dalle imprese, anche se quest'ultime salgono al 55,9% nell'indicare "gli insegnanti poco qualificati". Più vicino all'andamento delle famiglie, le posizioni espresse dalle istituzioni.
Insomma, guardando all'oggi, la scuola italiana viene ritenuta sostanzialmente "inadeguata alle esigenze dei giovani e della società". Parole pesanti, soprattutto se si tiene conto che negli ultimi dieci anni l'intero sistema scolastico è stato sottoposto a un processo di riforma. Eppure l'ultima riforma varata, quella del Ministro Moratti, sembra destinata a dividere le famiglie, che per il 51% si schiera con un giudizio negativo, mentre il 49% la giudica positivamente. Unico punto di convergenza quello dell'introduzione della scuola professionale all'interno del sistema scolastico, apprezzato dal 95% delle famiglie. Un aspetto sostenuto anche dal 58% delle imprese.
Resta, dopo la lettura di questi dati - contenuti insieme ad analisi e contributi di Bonomi, Donati, Grassi, e Vittadini nel volume "Sussidiarietà ed educazione", edito da Mondadori Università - la forte preoccupazione per il futuro del sistema scolastico. Timori a cui cercheranno di dare risposte i partecipanti alla tavola rotonda promossa dalla Fondazione: il ministro Fioroni, il presidente dell'Istat Luigi Biggeri, il presidente di Unionecamere Andrea Mondello e il presidente della fondazione, Giorgio Vittadini. L'emergenza educazione, di certo, richiede risposte. In tempi rapidi
La ricetta ideale: mix pubblico-privato
La gestione del sistema scolastico? Meglio se mista, con Stato e privato sociale. Lo pensa più della metà degli italiani.
Il dato emerge dal primo rapporto nazionale sullo stato dell'educazione in Italia. E così per il 56 % delle famiglie intervistate la formula preferita appare quella "mix". Resta consistente anche il fornte di chi predilige una gestione prettamente statale: è il 40% del campione.
Davvero residuale, invece, la percentuale di chi punta a una gestione esclusivamente privata: si supera di poco il 3%.
Insomma a sette anni dal varo del sistema scolastico pubblico integrato e paritario, la compresenza di un gestore statale e di altri gestori del privato sociale sembra essere entrata nel patrimonio culturale degli italiani.
Passaggio di non poca importanza, vista la lunga battaglia ideologica che ha caratterizzato i quasi 50 anni precedenti il varo della legge 62 del 2000, nota come legge della parità scolastica.
E la formula mista sembra conquistare le famglie anche dal punto di vista del finanziamento. Il 51% del campione sostiene infatti che la scuola paritaria debba essere finaziata in parte anche dallo Stato, pur mantenendo una quota a carico dei gestori e delle famiglie. Ma quasi un quinto degli intervistati (il 19,5) ritiene che il finaziamento pubblico debba essere a completo carico dello Stato. Poco meno del 29% indica al contrario nella famiglia l'unica su cui far ricadere l'onere del finaziamento, come sostanzialemente avviene in questo momento.
Anche dal fronte delle imprese e quello delle Istituzioni (le altre due realtà coinvolte nel primo rapporto) arrivano segnali nella stessa direzione, sia della gestione sia del finaziamento del sitema scolastico in Italia. Anche se le percentuali si diversificano. Sul tema del finanziamento la formula mista raccoglie il consenso del 48,8% delle imprese e bel il 61 % tra le istituzioni, mentre il segmento che assegna allo stato l'intero onenre dei costi è del 13,8% tra le imprese e precipita al 7% tra le istutizioni. Per il 37% delle imprese spetta invece alle famiglie il compito di sostenere i costi precentuale che scende al 31 tra le istutizioni.
Ma globalmente la formula mista (sia gestionale sia finziaria) appare raccogiere un consenso sempre più vasto nell'opinione pubblica.
Enrico Lenzi
Avvenire 24/1/2007