È cominciato tutto a Rimini, nel 2014. Il Comitato Nazarat
da dieci anni, ogni 20 del mese, si riunisce nelle piazze di varie città
italiane a pregare per i fratelli vessati a causa della loro fede. Con
testimonianze e incoraggiamenti
preziosi. «Come quello arrivato, quella volta, da papa Francesco...»
15.05.2025
Marco Ferrini
Comitato Nazarat
Nell’estate 2014, poche settimane dopo la proclamazione del
Califfato, l’Isis prende il controllo di un ampio territorio fra Siria e Iraq.
Nella piana di Ninive, nella notte fra il 6 e il 7 agosto 125mila cristiani
iracheni sono costretti ad abbandonare le loro terre e abitazioni dirigendosi
verso il Kurdistan interno, mentre altri 110mila restano come rifugiati nella
zona di Erbil. Le case delle famiglie cristiane vengono segnate dai miliziani
islamici con la lettera nūn iniziale della parola Nazarat, cioè Nazareno. Con
alcuni amici ci sentiamo interrogati da quella terribile situazione perché
educati dal Movimento ad amare la realtà tutta, a far proprio il dramma
dell’uomo, a esprimere un giudizio su quello che ci sta intorno. Così nasce
l’iniziativa di porre un gesto di preghiera per tutti i cristiani perseguitati,
inizialmente in Medio Oriente, poi allargato a tutti i perseguitati ovunque nel
mondo e negli ultimi anni per la pace. Il 20 agosto 2014 a Rimini, nella piazza
centrale della città, alcune centinaia di persone si riuniscono a recitare il
rosario; si canta, si prega, si ascoltano testimonianze degli avvenimenti, si
raccolgono denari per aiuti. All’aperto di fronte a tutti e non nel chiuso di
luoghi di culto: “la Chiesa in uscita” come sollecitato da papa Francesco. Da
allora in poi, ogni 20 del mese, l’iniziativa prosegue non solo a Rimini, ma
allargandosi ad altre tredici città italiane e alcune estere, con il
coinvolgimento di monasteri e clausure d’Italia e d’Europa. Un “appello all’umano” - questo il
sottotitolo dato alla preghiera - che cerca di recuperare, con l‘intercessione
della Vergine Maria, le ragioni per una convivenza, appunto, umana in questo
mondo percorso da divisioni etnico-religiose, violenze, guerre, oggi purtroppo
ancora più gravi e apparentemente insanabili.
Una Chiesa senza martiri è una Chiesa senza Gesù. Loro con
il loro martirio, la loro testimonianza, con la loro sofferenza, anche dando la
vita seminano cristiani per il futuro
Ma che c’entra Rimini con tutto questo? Rimini è una città a
vocazione internazionale e con proiezioni anche verso Oriente; storicamente e
geograficamente è un centro d’accoglienza e d’incontro; non potevamo non
muoverci - nell’assistere alla tragedia delle popolazioni che parlano la lingua
stessa di Gesù, l‘aramaico, e che vivevano in quelle terre da duemila anni, ben
prima della nascita dell’Islam. Le persecuzioni contro i cristiani e contro
altre minoranze religiose nell'ultimo decennio sono emerse, terribilmente, non
solo nel Medio Oriente ma anche in altre zone dell’Asia e in Africa: pertanto
il momento di preghiera in piazza ogni mese è servito a conoscere e a prendere
coscienza di queste situazioni.
«Una Chiesa senza martiri è una Chiesa senza Gesù. Loro con
il loro martirio, la loro testimonianza, con la loro sofferenza, anche dando la
vita seminano cristiani per il futuro». (Papa Francesco, Santa Marta 30 gennaio
2017). I martiri oggi sono in numero maggiore di quelli dei primi secoli e a
molti di loro è riservata la stessa crudeltà patita dai cristiani dell’origine.
Questa particolare e continua attenzione che la Chiesa rivolge ai martiri
testimoni della fede in Gesù fino alla morte non ci ha lasciato indifferenti. È
la condizione a cui noi tutti siamo chiamati: rendere ragione a noi stessi ed
al mondo dell’incontro vivo e vero che abbiamo fatto con Gesù. Se Cristo è la
risposta adeguata alla nostra domanda di felicità, di pienezza, di verità non possiamo
non gridarlo al mondo. In questi anni abbiamo scoperto che la preghiera è
veramente l’affermare la Signoria di Cristo su ognuno di noi ed è l’inizio
innanzitutto del nostro cambiamento. I nostri fratelli perseguitati alla
domanda «di che cosa avete più bisogno?” rispondono “della vostra preghiera”.
Il vescovo siro-cattolico di Mosul, monsignor Yohanna Petros Mouche ebbe a
dire: «Abbiamo conservato la nostra fede e non abbiamo appena salvato la nostra
vita ma la fede che ci permette di vivere».
Il potere, di qualunque natura sia, perseguiterà sempre. È
la legge della storia. Come dice San Paolo: perseguitati, riviviamo, sempre
schiacciati e sempre vivi
Siamo grati alla Fraternità di Comunione e Liberazione che
con un messaggio di Davide Prosperi per il decennale ci ha scritto: «Mi unisco
alle vostre preghiere nella certezza che è proprio nella nostra unità anzitutto
che possiamo dare gioiosa testimonianza al mondo della nostra appartenenza a
Cristo, sostenendoci come fratelli e sorelle anche nella persecuzione». E
citando don Giussani (Una rivoluzione di sé): «È attraverso me, te, ma
attraverso me in quanto unito a te in nome Suo, cioè un quanto uniti a Lui, è
attraverso noi, è attraverso la nostra unità, che la morte e la risurrezione di
Cristo investono il mondo. Dobbiamo smarrirci o, come dire, stupirci perché ci
perseguiteranno sempre?! Il potere, di qualunque natura sia, perseguiterà
sempre. È la legge della storia. Come dice san Paolo: perseguitati, riviviamo,
sempre schiacciati e sempre vivi».
(…) https://www.clonline.org/it/attualita/articoli/nazarat-rimini-ferrini#:~:text=CHIESA-,Un%20gesto%20di%20popolo%20per%20i%20cristiani%20perseguitati,possa%20gustare%20il%20pane%20della%20comunione%20e%20la%20letizia%20de%20solidariet%C3%A0%C2%BB.,-CHIESA