sabato 17 maggio 2025

Un gesto di popolo per i cristiani perseguitati


 

È cominciato tutto a Rimini, nel 2014. Il Comitato Nazarat da dieci anni, ogni 20 del mese, si riunisce nelle piazze di varie città italiane a pregare per i fratelli vessati a causa della loro fede. Con testimonianze e  incoraggiamenti preziosi. «Come quello arrivato, quella volta, da papa Francesco...»

 

15.05.2025

Marco Ferrini

Comitato Nazarat

Nell’estate 2014, poche settimane dopo la proclamazione del Califfato, l’Isis prende il controllo di un ampio territorio fra Siria e Iraq. Nella piana di Ninive, nella notte fra il 6 e il 7 agosto 125mila cristiani iracheni sono costretti ad abbandonare le loro terre e abitazioni dirigendosi verso il Kurdistan interno, mentre altri 110mila restano come rifugiati nella zona di Erbil. Le case delle famiglie cristiane vengono segnate dai miliziani islamici con la lettera nūn iniziale della parola Nazarat, cioè Nazareno. Con alcuni amici ci sentiamo interrogati da quella terribile situazione perché educati dal Movimento ad amare la realtà tutta, a far proprio il dramma dell’uomo, a esprimere un giudizio su quello che ci sta intorno. Così nasce l’iniziativa di porre un gesto di preghiera per tutti i cristiani perseguitati, inizialmente in Medio Oriente, poi allargato a tutti i perseguitati ovunque nel mondo e negli ultimi anni per la pace. Il 20 agosto 2014 a Rimini, nella piazza centrale della città, alcune centinaia di persone si riuniscono a recitare il rosario; si canta, si prega, si ascoltano testimonianze degli avvenimenti, si raccolgono denari per aiuti. All’aperto di fronte a tutti e non nel chiuso di luoghi di culto: “la Chiesa in uscita” come sollecitato da papa Francesco. Da allora in poi, ogni 20 del mese, l’iniziativa prosegue non solo a Rimini, ma allargandosi ad altre tredici città italiane e alcune estere, con il coinvolgimento di monasteri e clausure d’Italia e d’Europa.  Un “appello all’umano” - questo il sottotitolo dato alla preghiera - che cerca di recuperare, con l‘intercessione della Vergine Maria, le ragioni per una convivenza, appunto, umana in questo mondo percorso da divisioni etnico-religiose, violenze, guerre, oggi purtroppo ancora più gravi e apparentemente insanabili.

Una Chiesa senza martiri è una Chiesa senza Gesù. Loro con il loro martirio, la loro testimonianza, con la loro sofferenza, anche dando la vita seminano cristiani per il futuro

 Ma che c’entra Rimini con tutto questo? Rimini è una città a vocazione internazionale e con proiezioni anche verso Oriente; storicamente e geograficamente è un centro d’accoglienza e d’incontro; non potevamo non muoverci - nell’assistere alla tragedia delle popolazioni che parlano la lingua stessa di Gesù, l‘aramaico, e che vivevano in quelle terre da duemila anni, ben prima della nascita dell’Islam. Le persecuzioni contro i cristiani e contro altre minoranze religiose nell'ultimo decennio sono emerse, terribilmente, non solo nel Medio Oriente ma anche in altre zone dell’Asia e in Africa: pertanto il momento di preghiera in piazza ogni mese è servito a conoscere e a prendere coscienza di queste situazioni.

 «Una Chiesa senza martiri è una Chiesa senza Gesù. Loro con il loro martirio, la loro testimonianza, con la loro sofferenza, anche dando la vita seminano cristiani per il futuro». (Papa Francesco, Santa Marta 30 gennaio 2017). I martiri oggi sono in numero maggiore di quelli dei primi secoli e a molti di loro è riservata la stessa crudeltà patita dai cristiani dell’origine. Questa particolare e continua attenzione che la Chiesa rivolge ai martiri testimoni della fede in Gesù fino alla morte non ci ha lasciato indifferenti. È la condizione a cui noi tutti siamo chiamati: rendere ragione a noi stessi ed al mondo dell’incontro vivo e vero che abbiamo fatto con Gesù. Se Cristo è la risposta adeguata alla nostra domanda di felicità, di pienezza, di verità non possiamo non gridarlo al mondo. In questi anni abbiamo scoperto che la preghiera è veramente l’affermare la Signoria di Cristo su ognuno di noi ed è l’inizio innanzitutto del nostro cambiamento. I nostri fratelli perseguitati alla domanda «di che cosa avete più bisogno?” rispondono “della vostra preghiera”. Il vescovo siro-cattolico di Mosul, monsignor Yohanna Petros Mouche ebbe a dire: «Abbiamo conservato la nostra fede e non abbiamo appena salvato la nostra vita ma la fede che ci permette di vivere».

 Il potere, di qualunque natura sia, perseguiterà sempre. È la legge della storia. Come dice San Paolo: perseguitati, riviviamo, sempre schiacciati e sempre vivi

 Siamo grati alla Fraternità di Comunione e Liberazione che con un messaggio di Davide Prosperi per il decennale ci ha scritto: «Mi unisco alle vostre preghiere nella certezza che è proprio nella nostra unità anzitutto che possiamo dare gioiosa testimonianza al mondo della nostra appartenenza a Cristo, sostenendoci come fratelli e sorelle anche nella persecuzione». E citando don Giussani (Una rivoluzione di sé): «È attraverso me, te, ma attraverso me in quanto unito a te in nome Suo, cioè un quanto uniti a Lui, è attraverso noi, è attraverso la nostra unità, che la morte e la risurrezione di Cristo investono il mondo. Dobbiamo smarrirci o, come dire, stupirci perché ci perseguiteranno sempre?! Il potere, di qualunque natura sia, perseguiterà sempre. È la legge della storia. Come dice san Paolo: perseguitati, riviviamo, sempre schiacciati e sempre vivi».

(…) https://www.clonline.org/it/attualita/articoli/nazarat-rimini-ferrini#:~:text=CHIESA-,Un%20gesto%20di%20popolo%20per%20i%20cristiani%20perseguitati,possa%20gustare%20il%20pane%20della%20comunione%20e%20la%20letizia%20de%20solidariet%C3%A0%C2%BB.,-CHIESA