«Una nuova guerra significa nuova distruzione. Bombarderanno case,
strade, infrastrutture. L’Isis non si farà trovare tanto facilmente».
Così dichiara ad Aiuto alla Chiesa che Soffre una fonte irachena che per
motivi di sicurezza preferisce mantenere l’anonimato.
Al
telefono da Erbil, la fonte racconta ad ACS come è stato accolto nel
capoluogo del Kurdistan iracheno il discorso di ieri notte in cui il
presidente Barack Obama autorizzava raid Usa contro lo Stato Islamico
dell’Iraq e del Levante (Isis). In realtà secondo la fonte «un attacco
aereo da parte dell’aeronautica statunitense e turca potrebbe essere
avvenuto già questa notte, dal momento che tutti i voli notturni in
partenza dall’aeroporto internazionale di Erbil sono stati cancellati».
Secondo la fonte ACS, in seguito alla conquista da parte di Isis
della Piana delle Ninive, decine di migliaia cristiani sono fuggiti a
Duhok e ad Erbil, nel Kurdistan iracheno. «Quanti vivevano tra Alqosh e
Tall Kayf si sono diretti a Duhok, mentre chi si trovava nei villaggi
tra Qaraqosh e Bashiqa è venuto ad Erbil». Nel capoluogo del Kurdistan
la Chiesa accoglie i rifugiati nella cattedrale caldea di San Giuseppe,
nel quartiere cristiano di Ankawa, e nelle altre chiese della città. «La
Chiesa fa tutto il possibile, ma le risorse non sono sufficienti ad
aiutare tante persone – tra cui anche donne e bambini – che hanno dovuto
lasciare tutto: le loro case, i loro averi, le loro storie».
Migliaia di persone hanno abbandonato rapidamente le proprie abitazioni
senza avere il tempo di portar nulla con sé. Molti sono arrivati ad
Erbil a piedi ed in pigiama. Con i rifugiati sono giunte anche tante
tragiche storie: a Qaraqosh una donna è stata uccisa assieme a sua madre
ed ai suoi due bambini, mentre a Tall Keyf un giovane è morto in
seguito ad un bombardamento. Accanto al loro dramma vi è la sofferenza e
la paura dei 100mila cristiani che vivevano già in Kurdistan,
principalmente nelle città di Erbil, Duhok, Zahko, Sulaymaniyah e
Amadiya. Secondo la fonte ACS la percentuale che possa verificarsi un
attacco nella regione autonoma è piuttosto bassa, «perché la zona è ben
protetta militarmente e l’Isis non ha possibilità di penetrare».
Tuttavia, i cristiani del Kurdistan sono terrorizzati a causa di quanto
accaduto ai loro fratelli nella fede e temono per il futuro del loro
paese. «Molte famiglie sono qui da decine di anni e nessuno pensava ad
emigrare prima di questi ultimi avvenimenti». A differenza di altre aree
dell’Iraq, in Kurdistan i cristiani godevano di una certa tranquillità e
avevano un discreto tenore di vita. «In molti possiedono abbastanza
denaro e hanno l’opportunità di partire e probabilmente lo faranno
perché sono stanchi di soffrire. Pensano all’avvenire dei propri figli e
sanno dai loro parenti emigrati che all’estero potranno trovare
finalmente serenità».
«L’attuale situazione e l’eventualità di una nuova guerra rischiano di
cancellare definitivamente la presenza cristiana in Iraq. Un attacco
significherà dover attendere altri dieci anni per un futuro migliore.
Resteranno soltanto rovine e per ricostruire serviranno tempo e fatica.
Gli iracheni sono stanchi e si chiedono se non sia meglio aspettare
tempi migliori in un altro paese».