Religione.
“I sogni di don Bosco”, la raccolta di
contributi intorno all’esperienza onirica del Santo torinese pubblicata
da don Andrea Bozzolo
DON BOSCO
Il Santo sognatore
C’è un mondo di storie che
appartiene a tutti. Ed è quello dei sogni. Belli o brutti. Che
affascinano o spaventano. Che si dimenticano o si ricordano appena
svegli. In tutti cerchiamo, incuriositi, il messaggio che sembrano trasmettere.
San Giovanni Bosco, il santo che ha fatto sognare in grande centinaia di ragazzi che studiavano, imparavano un mestiere
o giocavano nei cortili di Valdocco, a Torino, è stato un grande
“sognatore”. Non solo nel senso che ha saputo avere grandi sogni
sull’avvenire dei suoi ragazzi, ma anche e soprattutto perché le sue
notti sono state non di rado visitate dal passaggio di Dio. Come le
notti di grandi uomini della Bibbia: Abramo, Giacobbe, Giuseppe,
Salomone.
Per questo,
senza i sogni non capiremmo alcuni aspetti importanti della
religiosità di don Bosco, alcuni elementi che - come ha affermato
l’autorevole storico Pietro Stella - hanno ispirato le sue convinzioni e
sostenuto le sue imprese. Un tema tanto affascinante e complesso era
stato finora affrontato in saggi occasionali; mancava però un’opera
complessiva che tentasse un inquadramento più ampio e approfondito della
questione. È ciò che un gruppo di studiosi, coordinati dal teologo
salesiano don Andrea Bozzolo, ha tentato di fare in un saggio appena
pubblicato, dal titolo I sogni di Don Bosco. Esperienza spirituale e sapienza educativa ( LAS, Pagine 608. Euro 35 ).
Il corposo volume raccoglie una serie di contributi che, da differenti
punti di osservazione, mettono nuovamente sotto la lente un’esperienza
che ha caratterizzato il santo dei ragazzi.
Ne emerge un quadro complesso e affascinate, che attesta la profondità
con cui don Bosco si è lasciato condurre dallo Spirito del Signore per
vie che mai avrebbe immaginato e conferma
l’abilità con cui ha saputo impiegare i sogni come prezioso alleato
educativo. «Un fondamentale motivo che giustifica questa indagine»,
spiega don Bozzolo, «consiste nel fatto che don Bosco stesso ha
attribuito ad alcuni dei suoi sogni una valenza ispiratrice e, in vari
modi, se n’è lasciato guidare». Si è lasciato guidare con la prudenza
tipica dell’uomo venuto dalla campagna che sa pesare ciò che è concreto
e ciò che, invece, è marginale. In questo senso la fluidità della
narrazione o la sua drammaticità sono da lui impiegati con profondo
discernimento spirituale e in relazione alla volontà di Dio come punto
di arrivo. Prima di fare dei sogni un’originale “formula educativa” ha
lasciato trascorrere molti anni. Si è deciso soltanto dopo essere
stato sollecitato da papa Pio IX, che ne aveva intravisto il segno di
una misteriosa azione dello Spirito. E don Bosco se ne è servito con
molta cautela. Ciononostante è possibile vedere in essi un legame molto
stretto tra la ricchezza spirituale del
prete di Valdocco e la stessa fondazione della Congregazione salesiana.
È ciò che l’agiografia tradizionale del santo ha recepito, dando spazio
ai contenuti dei sogni nelle biografie del santo, nell’iconografia e
in molti canti religiosi a lui dedicati, a partire dal più celebre dei
suoi inni: «Giù dai colli un dì lontano, con la sola madre accanto, sei
venuto a questo piano dei tuoi sogni al dolce incanto».
La scelta operata dagli studiosi è stata conseguentemente articolata e
interdisciplinare, avvalendosi delle loro molteplici competenze
e rispettivi punti di vista. Ne risulta un ricco contribuito
all’analisi dei sogni frutto delle diverse discipline messe in campo:
dalla psicologia alla filosofia, dalla critica testuale delle fonti
all’esegesi biblica, dall’analisi letteraria alla patrologia,
dall’etnologia alla pedagogia, dalla storia della spiritualità
alla teologia sistematica e spirituale. Attraverso l’ascolto
reciproco, gli studiosi hanno sperimentato un graduale incremento nella
comprensione delle molteplici dimensioni del tema che era al centro
della riflessione comune. «Molte delle pagine del volume appena
pubblicato si presentano come documenti spirituali di altissimo valore,
in cui è possibile ritrovare, nella forma evocativa tipica dei simboli
onirici, l’espressione sintetica dei tratti costitutivi del carisma
salesiano », prosegue il curatore del libro. «Non è un caso, dunque,
che fin dagli inizi della Congregazione i racconti di alcuni sogni
furono utilizzati dal primo maestro dei novizi, don Giulio Barberis,
per introdurre gli aspiranti alla vita salesiana in quello stile
originale di consacrazione apostolica che da don Bosco traeva
origine». Nelle immagini dei sogni erano infatti evocati gli
atteggiamenti che dovevano essere assunti da chi voleva vivere con don
Bosco e assimilare la sua spiritualità.
Il volume offre anche un accesso al mondo interiore di don Bosco,
che difficilmente si può ritrovare negli altri suoi scritti. Don Bosco
infatti era poco incline a parlare di sé e molto sobrio nel confidare
le dinamiche del proprio animo. Eppure, i racconti dei sogni – di
alcuni in particolare – fanno eccezione. Mentre li racconta, don Bosco
non può fare a meno di mettere a nudo il proprio cuore, di lasciar
intravedere il ricco mondo delle sue emozioni: la paura che lo coglie
di fronte alla missione, lo sgomento di fronte alle difficoltà,
l’istintivo atteggiamento di difesa di fronte a un compito che lo
supera, l’angoscia con cui reagisce alla vista del peccato, ma ancor
più la gioia immensa di percepire la vicinanza di Gesù e la protezione
di Maria, lo stupore di scoprirsi strumento dei piani divini, la
meraviglia di vedere dilatati gli orizzonti della propria fecondità
fino a influire sulle vicende ecclesiali e sociali dell’epoca e ad
abbracciare i vasti confini dell’azione missionaria. Mentre racconta i
sogni, don Bosco inevitabilmente racconta se stesso.
«Se i motivi d’interesse per un’indagine su questo argomento sono
molti», osserva ancora don Bozzolo, «non possiamo negare le difficoltà
che tale impresa comporta e le obiezioni che lo studioso deve
affrontare, tra le quali la consistenza stessa dell’esperienza del
sogno». I saggi raccolti in questo libro riflettono gli interrogativi a
cui i singoli studiosi hanno cercato di offrire la loro lettura. Le
interpretazioni che ne emergono confermano la forza simbolica del sogno
e l’abilità di don Bosco nel tradurli in strumento di riflessione e di
educazione. In lui, «sognatore d’altri tempi», quello che normalmente
viene definito il “buco nero” della coscienza, acquista una forma
“altra” di esperienza, nel chiaroscuro di immagini, emozioni,
intuizioni in cui il mondo ci parla di tutto, e perché no, anche di Dio,
altro “grande sognatore” di un’umanità finalmente riconciliata e
felice.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’autore del libro: «La mia indagine consiste nel fatto che don Bosco
stesso ha attribuito ad alcuni dei suoi sogni una valenza ispiratrice
e, in vari modi, se n’è lasciato guidare». Senza l’esperienza del
sognare non capiremmo alcuni aspetti importanti della sua religiosità,
alcuni elementi che, come ha affermato lo storico Pietro Stella, hanno
ispirato le sue convinzioni e sostenuto le sue imprese
EDUCATORE. Un’immagine di San Giovanni Bosco (1815-1888)
Copyright © Avvenire