Idee.
Tra filosofia, scienza, storia, arte e
letteratura, una serie di saggi torna a indagare le implicazioni della
vicenda biblica di Adamo ed Eva
La bella politica nell’EDEN prima del peccato
E se non ci fossero cascati?
Se Adamo avesse preso sul serio l’ammonimento del Creatore, se Eva
non avesse ceduto alle lusinghe del serpente… Se la storia
dell’umanità non fosse stata segnata dalle conseguenze della caduta
dei progenitori, insomma. Nel suo Stato d’innocenza(
Carocci, pagine 140, euro 17,00) il medievista Gianluca Briguglia lo
definisce un «periodo ipotetico dell’irrealtà» capace di «generare una
spiegazione del reale» lungo un millennio abbondante di filosofia e
teologia politica. Una tradizione che prende sì le mosse dalla dottrina
agostiniana del peccato originale, ma che non si esaurisce affatto nel
pensiero del vescovo di Ippona, come invece lascerebbe intendere un
altro corposo saggio sull’argomento, Ascesa e caduta di Adamo ed Eva
dello storico della letteratura Stephen Greenblatt (traduzione di
Roberta Zuppet, Rizzoli, pagine 476, euro 22,00): libro ricchissimo di
informazioni, che però lo studioso statunitense tende a rielaborare in
modo fin troppo eclettico. Quelli di Greenblatt e Briguglia non sono
gli unici contributi recenti su quello che, per brevità, potremmo
definire “il caso Eden”. Dopo aver riproposto Il diario di Adamo ed Eva
di Mark Twain (traduzione di Marisa Panti, pagine 116, euro 13,00),
Medusa ha da poco realizzato una nuova edizione di un’opera
fugacemente apparsa in Italia sul finire degli anni Sessanta. Si tratta
dell’eccellente La storia di Adamo ed Eva attraverso l’arte
di Andrée Mazure (traduzione di Alfredo Rovatti, pagine 108, euro
21,00), senza dubbio la più minuziosa rassegna mai realizzata sul tema,
come dimostrano le oltre duecento immagini raccolte in un atlante
iconografico che va dalle prime occorrenze paleocristiane fino alle
rivisitazioni di Fernand Léger e di altri maestri del Novecento.
Ma la presenza di Adamo ed Eva nelle librerie italiane è ancora più sintomatica e capillare, come si può verificare sfogliando I misteri dell’abbazia di Pomposa
di Marcello Simoni (La Nave di Teseo, pagine 352, euro 20,00). Qui
l’archeologo- romanziere compie un’analisi particolarmente dettagliata
dell’affresco nel quale i progenitori compaiono curiosamente seduti
davanti all’albero insidiato da un serpente simile a un drago. A
trattenerli a terra è il peso del peccato, certo, ma la composizione
della scena allude anche alla fatale complicità tra i due, oltre che
alla loro intima corresponsabilità. Una così fitta coincidenza di pubblicazioni e attestazioni non può non susci-
tare interesse, e non solo perché si verifica a ridosso del Natale,
come a sottolineare l’avvicendamento tra il vecchio e il nuovo Adamo,
tra il progenitore colpevole e il Cristo redentore. Ma anche al di là
delle suggestioni provenienti dal calendario, il “caso Eden” rivendica
tutta la sua serietà e urgenza. In questione c’è l’origine
dell’esperienza umana e, insieme, il ricorso alla nozione stessa di
natura. In che misura, nella fattispecie, un eventuale “stato di
natura” può coincidere con lo “stato d’innocenza” attestato dalla
Bibbia? Formulato altrimenti, è lo stesso interrogativo dal quale
siamo partiti: come sarebbe stata l’umanità se Adamo ed Eva non fossero
caduti?
Per l’uomo del Medioevo, sottolinea Briguglia, il resoconto della Genesi godeva di piena attendibilità storica, ed è proprio
per questo che ogni speculazione sulla condizione umana in assenza del
peccato assumeva, fin dal principio, le caratteristiche di un
ragionamento controfattuale e tutt’altro che ozioso. Solo in età
moderna, per gli effetti congiunti della secolarizzazione di stampo
illuminista e della teoria darwiniana dell’evoluzione, la vicenda di
Adamo ed Eva perde la sua connotazione letterale e si presta a una
serie di interpretazioni di volta in volta
allegoriche o metaforiche, tra le quali trova posto anche la scanzonata
rivisitazione del già ricordato Twain, per il quale il diario dei
progenitori è una miniera di spunti satirici sui rapporti fra uomo e donna.
Nella sua storia culturale di Adamo ed Eva, Greenblatt presta molta
attenzione a questo affievolirsi dell’elemento religioso, soffermandosi
tuttavia in modo significativo su due grandi personalità di credenti
quali Agostino e il poeta puritano John Milton, che nel Paradiso perduto
(1667) ha fornito la più dettagliata raffigurazione letteraria
dell’Eden prima della caduta. In entrambi i casi, secondo Greenblatt, i
trascorsi biografici degli autori hanno un peso determinante sulla
visione espressa nelle rispettive opere: il manicheo pentito Agostino
metterebbe a punto il dispositivo del peccato originale in una sorta di
risarcimento, mentre il malmaritato Milton idealizzerebbe in Adamo ed
Eva la perfezione di un amore coniugale per lui inattingibile. Il
rischio dell’estremizzazione è sempre in agguato, ma a suscitare
le perplessità maggiori è la conclusione, sia pure provvisoria, alla
quale Greenblatt approda. Per lui lo “stato d’innocenza” è in sostanza
lo “stato di natura” così come viene testimoniato ancora oggi dai
cerimoniali di accoppiamento degli scimpanzé ugandesi. Gioco
intellettuale raffinatissimo, non si discute, che sfiora la
provocazione senza cogliere del tutto il problema cruciale suscitato dal
racconto delle origini.
Per capire quale sia veramente la materia del contendere occorre
infatti tornare alle esplorazioni medievali di Briguglia. Che la
codificazione del peccato originale risalga ad Agostino è fuor di
dubbio, ma le conseguenze che ne derivano non si limitano affatto alla
sfera della morale sessuale o comunque dei comportamenti individuali.
Immaginare come si presenterebbe il mondo se Adamo non avesse peccato
significa piuttosto mettere in questione gli elementi su cui poggia la
convivenza civile. Da dove discende il potere, anzitutto, e su quali
princìpi insista la proprietà dei beni materiali. La varietà delle
posizioni documentate in Stato d’innocenza
è straordinariamente ampia. A figure molto conosciute ( Tommaso
d’Aquino, per esempio, per il quale il peccato non inficia la natura
umana, ma si limita a privarla dei doni precedentemente concessi da
Dio) si affiancano altre poco familiari per i non specialisti, ma il
cui pensiero rimane fecondo di implicazioni ancora attualissime. Si
consideri, fra tutti, l’irlandese Richard Fitzralph, vescovo di Armagh
alla metà del Duecento. La sua riflessione è imperniata sull’idea del
potere come communicatio,
ovvero come relazione tra persone. «Dio amò Adamo e Adamo amò Dio» è la
sintesi di un intreccio dal quale consegue la legittimità
dell’esercizio del potere anche nel contesto dello “stato d’innocenza”.
Avremmo potuto fare a meno del peccato, noi umani. Ma neppure
nell’Eden avremmo potuto fare a meno della politica.
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Quale sarebbe stato il destino dell’umanità se i nostri progenitori non fossero caduti?
L’interrogativo medievale è ancora oggi attualissimo per riflettere sulle ragioni della convivenza civile
NEL NOVECENTO. Adamo ed Eva secondo il pittore Fernand Léger (1935-1939)
INSIEME. Un affresco dell’abbazia di Pomposa
LA VERGOGNA. I progenitori si scoprono nudi in un dipinto copto del Museo del Cairo
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