LETTURE/
Nelle “lezioni” inedite di Wojtyła emerge la sua ricetta della felicità
Raccolti in volume 366 brevi testi mai tradotti in Italia di
Karol Wojtyła, risalenti agli anni 40-70. Una catechesi di sorprendente
attualità
Vincenzo Sansonetti Pubblicato 19 Ottobre 2024
“L’essere umano deve avere un valore straordinario agli
occhi di Dio, se per la sua redenzione lo stesso Figlio di Dio si è fatto
uomo”. Questo l’inizio folgorante del libro, fresco di stampa, che riunisce 366
“frammenti” inediti in Italia di Karol Wojtyła (1920-2005). Con il titolo La
meta è la felicità (Ares, a cura di Marina Olmo, 2024) sono stati raccolte in
volume brevi citazioni che vanno dalla metà degli anni Quaranta al 1977, cioè
alla vigilia – appena 58enne – dell’elezione a Pontefice. I brani pubblicati
sono tratti da opere teatrali giovanili, da studi di teologia e filosofia e da
lettere del futuro santo, ma soprattutto da omelie, meditazioni, conferenze,
discorsi, saluti, in occasione di visite pastorali alle parrocchie,
amministrazione di sacramenti, feste liturgiche, esercizi spirituali,
commemorazioni e vacanze con i giovani.
Sono pensieri profondi e di un’attualità stupefacente
rivolti a famiglie, fidanzati, studenti, operai e professionisti, ammalati e
operatori sanitari, semplici fedeli. Parole ricche di sapienza, autentiche,
schiette, a volte spiazzanti, proposte a dieci anni dalla canonizzazione di
Giovanni Paolo II, avvenuta il 27 aprile 2014. Una preziosa antologia che Papa
Francesco nell’introduzione ha definito “un assaggio delle doti umane,
pastorali, teologiche e culturali di uno degli uomini che più hanno segnato il secolo
scorso” e che “continua ad attrarre persone a Cristo”.
Il testo si divide in due parti: la prima raggruppa
citazioni su tematiche centrali dell’esistenza, come il senso del vivere, i
desideri del cuore, la vocazione personale, l’amore e la famiglia,
l’educazione, il lavoro, i problemi della società, la pace. La seconda riflette
sui contenuti della fede, il compito della Chiesa, i sacramenti, i tempi
liturgici, i valori cristiani. Wojtyła nelle sue riflessioni parte da una
visione antropologica oggi praticamente assente, censurata perché scomoda, che
punta a cogliere l’essenza più profonda della natura umana.
“Dio ha creato l’uomo con un corpo, a somiglianza delle
altre creature di questa terra” e in questo “lo ha reso simile al mondo
visibile della natura”, afferma nell’omelia pronunciata durante il
pellegrinaggio del 29 maggio 1977 al santuario mariano di Piekary Śląskie, in
Alta Slesia. “Ma al contempo”, aggiunge, “l’ha creato ‘a sua immagine e
somiglianza’. E ha soffiato in lui la vita”. Una vita non solo materiale,
fisica, perché “la vita propria dell’uomo non è la vita del corpo soltanto. È
la vita dello spirito, e dello spirito vive anche il corpo umano. Da solo,
muore”. Ma se è “creato a immagine di Dio”, ne deriva che “ogni uomo è una
persona razionale e libera”: così in un’altra omelia degli anni Sessanta.
Razionalità e libertà sono dunque le “proprietà essenziali di un individuo”. In
particolare, con la razionalità “il Creatore ‘consegna’ all’uomo tutta la
realtà dal punto di vista della verità”.
Andando a spigolare nella ricca messe di notazioni del
sacerdote e vescovo polacco, che il 16 ottobre 1978 sarà eletto 263° successore
dell’apostolo Pietro, spicca un corpus di pensieri coerente e incisivo sui
sentimenti, le relazioni affettive, i rapporti coniugali e familiari: una sorta
di “piccola enciclica” sull’amore umano che ha ancora, a distanza di decenni,
tanto da insegnarci.
Nell’omelia che pronuncia nell’aprile 1973 durante la visita
pastorale nella parrocchia del piccolo centro di Pychovice, chiarisce subito:
“Solo l’essere umano è capace di amare”, proprio perché è l’unico essere
vivente che “nell’amore cerca il compimento della sua vita”. L’amore “è la sua
vocazione”. E questo “manifesta quanto sia vicino a Dio e quanto profondamente
Dio sia in lui”. Con accenti più marcatamente poetici, nell’opera teatrale
giovanile Fratello del nostro Dio (1949) definisce l’amore come “la potenza del
sole che orienta tutto, non è respinto da nulla, incanta”. E in un’altra opera,
Sono sempre su questa stessa riva, si spinge a sostenere, forse per
sottolineare che è un sentimento che non va piegato a calcoli e interessi, che
“l’amore è generalmente sconsiderato. Forse si può persino dire che più è
sconsiderato, più è grande”. Ai maturandi e alla gioventù studentesca, a Nowy
Targ, nel giugno 1969, ricorda con forza che l’amore è “il più grande comandamento”.
Per poi aggiungere, nello stesso incontro, che l’amore è “il
più grande principio, l’ideale più alto, l’ideale assolutamente insuperabile
per l’uomo”, e va inteso come “amore per Dio e amore per il prossimo”. Ma quali
sono i frutti dell’amore? Wojtyła lo specifica nell’omelia rivolta alle coppie
durante la visita pastorale nella parrocchia di Mistrzejowice, un distretto di
Cracovia, il 10 novembre 1976: “I frutti sono la pace, la gioia, l’unione di
due persone, la fiducia reciproca” e la “consapevolezza di poter contare
sull’altra persona, di avere, per così dire, in lei il mio secondo ‘io’”.
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