Messaggio in occasione del Pellegrinaggio Macerata-Loreto
(14-15 giugno 2025)
Cari amici,
sono grato a voi tutti,
organizzatori e pellegrini, per aver dato la vostra disponibilità a
partecipare a questo gesto così
importante per la storia del nostro movimento, che vuol essere un
contributo a sostenere la
missione della Chiesa nel drammatico frangente storico in cui oggi siamo
chiamati a vivere.
Anzitutto, siamo chiamati. Dice
don Giussani: «La vita razionale dell’uomo dovrebbe essere
sospesa all’istante, sospesa in
ogni istante a questo segno apparentemente così volubile, così casuale
che sono le circostanze» nelle
quali ci troviamo a vivere (Il senso religioso, Bur, Milano 2023, p.
189). Circostanze che talvolta
appaiono difficili da decifrare, faticose, persino ostili, ma davanti alle
quali siamo chiamati a stare,
come Maria che, davanti al dolore innocente di suo Figlio sulla croce,
mentre gli apostoli fuggivano,
“stava” – Stabat Mater – perché era davanti a una presenza. Per lei, la
prima chiamata dell’Angelo non si
era esaurita; quella promessa di felicità, di giustizia, di amore che
le era stata annunciata nella sua
casa di Nazareth, custodita a Loreto, coincideva anche in quel
momento con una presenza, con
Gesù sulla Croce, ed era destinata a durare per sempre.
Per questo il vostro gesto è
prezioso. Dobbiamo chiedere a Maria di essere come lei, «figlia
del [suo] figlio»: dobbiamo
chiederLe la grazia di essere davvero liberi, cioè di assecondare
l’attrattiva di Cristo presente
dentro le circostanze, di accettare quella simpatia profonda che si
impone nell’incontro con Lui
presente “qui e ora”, anche a distanza dal primo incontro. È solo questo,
infatti, che ci permette di
“stare” dinanzi a qualunque circostanza.
Anche noi, come Maria, siamo
chiamati, con-vocati attraverso un incontro, che per noi ha
assunto i tratti di una compagnia
umana che ci ha raggiunto e coinvolto: ciascuno chiamato con il
proprio nome, dunque, ma insieme.
In un mondo sempre più segnato dalle divisioni tra Stati e culture,
tra popoli e persone, la nostra
unità costituisce un segno per tutti del destino di amore e di pace cui
tutti siamo chiamati.
È a questo che papa Leone XIV ci
sta instancabilmente richiamando fin dall’inizio del suo
ministero petrino, quando ha
indicato nell’amore e nell’unità «le due dimensioni della missione
affidata a Pietro da Gesù» e ci
ha invitato a essere «un piccolo lievito di unità, di comunione, di
fraternità»: «Questo, fratelli e
sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa
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unita, segno di unità e di
comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato» (Omelia per
l’Inizio del Ministero Petrino,
18 maggio).
Non c’è nulla di più urgente che
far nostro il desiderio indicatoci dal successore di Pietro,
affidandoci – come lui ha fatto
il giorno stesso della sua elezione – a Maria.
Quando Giussani si recò in
pellegrinaggio a Lourdes nel 1992, in occasione del decennale del
riconoscimento ecclesiastico
della Fraternità di Comunione e Liberazione, ebbe a dire che «la vita
intera del mondo, di tutti gli
uomini, è legata come possibilità di equilibrio e di felicità, di calore e di
pace, a questa coscienza di
essere figli, nel rapporto con il seno fecondo della Vergine Maria. A noi
cristiani questo è dato, come per
caso, cioè per Grazia. Ma perché a noi? Perché lo riveliamo agli
altri! E così, in questa
figliolanza siamo di fronte al mondo. Sì, di fronte a questo mondo: disperato e
cinico, che riconosce come unico
fattore il potere, e perciò la violenza» («A riscoprire una coscienza
di figli», Avvenire, 17 ottobre
1992, p. 1).
Recandovi in pellegrinaggio alla
casa di Maria, potrete porre voi stessi, il nostro movimento
e la Chiesa intera nelle braccia
della Madre, certi del suo amore per noi, chiedendo a lei la grazia della
nostra unità come profezia di
pace per il mondo, secondo le intenzioni del Papa.
Buon cammino!
In amicizia,
Davide Prosperi