Intervista a Fausto Bertinotti: "Renzi è il Blair italiano: social-liberista, non ha rivali"
Pubblicato: 13/03/2014 17:47 CET | Aggiornato: 13/03/2014 18:23 CET
“Già il fatto che ci si chieda se il programma di Renzi sia
di sinistra significa che non c’è più una cosa che noi chiamavamo
sinistra. Non si compia l’errore di dire che Renzi è uguale a Letta o
Monti. Renzi pone una sfida nuova. E di fronte a questo, o hai un
armamentario critico di politica economica oppure non esisti. E infatti
la sinistra non esiste, mi pare.. Renzi fa come ha fatto Blair dopo la
Thatcher… Mette in campo la prima proposta italiana di social-liberismo,
che però non risponde alla questione della disoccupazione e della
precarietà. Porta il post-moderno in politica. Si muove come un
surfista, in economia come in politica, sta sull’onda. Stravince, è
egemone perché nel centrosinistra non c’è alternativa a lui, non c’è
un’alternativa di politica economica… Pensa come il senso comune. Anzi è
la personificazione del senso comune”.
Fausto Bertinotti se ne guarda bene dal dire che il programma esposto ieri dal presidente del Consiglio Matteo Renzi sia un programma di sinistra. Ma certo ammette divertito che l’operazione politica messa in campo dal segretario del Pd è una innovazione da non sottovalutare e, soprattutto, da non paragonare a quelle che abbiamo visto finora. “Sbalordisce il coro della sinistra del Pd che sgomita per dire: ‘ma queste erano le nostre proposte…’ - afferma sorridendo l’ex presidente della Camera - Mi viene da dire: peggio per te se quelle erano le tue proposte e non le hai realizzate…”. Però Renzi è un fenomeno che va analizzato non solo per le ricette economiche ma anche per il modo in cui le presenta, argomenta Bertinotti, convinto che i due fattori siano profondamente legati.
C’è chi sostiene che il programma esposto da Renzi dopo il consiglio dei ministri sia di sinistra. E’ così anche per lei?
Chiedersi se è di sinistra è la cartina di tornasole del fatto che non c’è più una cosa che noi abbiamo chiamato sinistra, cioè un’idea di alternativa di società. L’operazione di Renzi merita molta attenzione. E bisogna evitare di compiere l’errore di dire: ma è la solita cosa, non ci sono differenze rispetto al passato... Dire questo è speculare al dire che Renzi è di sinistra. Però prima vorrei soffermarmi sulla comunicazione di Renzi.
Che in effetti ha attratto molti editoriali, commenti, analisi…
Ed è un’attenzione giusta. Perché quel tipo di comunicazione è un elemento costitutivo del fenomeno Renzi. Non è trascurabile, non è un orpello. Inoltre, Renzi determina uno slittamento ulteriore verso una politica neoautoritaria, che abbiamo già visto all’opera con lo svuotamento del Parlamento in nome della governabilità e del governo in nome della Troika. Lui ci aggiunge un altro tocco. E cioè che al governo non è richiesto che faccia disegni di legge o decreti, ma che faccia annunci. Il che però non è meno importante, ma è un modo attraverso il quale l’intero processo legislativo viene vanificato. E’ un nuovo metodo, più simile ad una modalità di partito che alla gestione di un governo. E’ un fenomeno postmoderno. Possiamo dire che Renzi porta completamente il postmoderno sulla scia della politica e chiude non solo con la storia della sinistra del 900 ma anche con il moderno della politica democratica rappresentata dalla centralità del Parlamento.
Parliamo del merito.
Nel merito, quella di Renzi è la prima proposta di social-liberismo. Finora noi abbiamo avuto a che fare con l’austerity, abbiamo avuto una politica che ha fatto del debito l’alfa e omega del suo agire e quindi della parità di bilancio la sua ispirazione. Tutto è stato fatto con l’idea di ridurre il debito, anche se questo risultato poi non si è prodotto e naturalmente gli alfieri dell’austerity dicono che il motivo sta nella mancata crescita. Ma questa macchina si è un po’ imballata. Non è solo per via della crisi drammatica, della disoccupazione, fattori che le classi dirigenti possono anche decidere di non considerare. E’ proprio il motore che si è imballato e non si riesce a vedere una via d’uscita. Da qui, l’incertezza sociale, le mille tensioni tra Germania e Mediterraneo, tra Europa e Russia. In questa condizione, il mercato interno, i consumi non possono essere trascurati come era ieri fino a ieri e sta qui l’innovazione di Renzi. Lui conserva la durezza dell’impianto di politica economica, mantiene il nocciolo duro delle politiche neoliberiste, il primato del mercato, la competitività delle merci, il mantenimento di questo modello di sviluppo, l’attenzione al mercato. Ma contemporaneamente guarda ai consumi dei ceti più disagiati e poveri, per evitare il rischio di implosione sociale e ingovernabilità. Apre ad una politica cautamente redistributiva, attraverso gli 85 euro in più in busta paga per i redditi bassi e l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Questa è la componente social del suo liberismo che non prevede una demolizione dello stato sociale, al contrario di quanto abbiamo visto negli ultimi 15 anni fino a Monti. Renzi fa come Blair fece con la Thatcher: non la mise in discussione, ma non si accanì andando oltre, perché sposta il baricentro su una riforma strutturale del mercato del lavoro. Ed è qui che sta il carattere più liberista di Renzi: nella gigantesca liberalizzazione del mercato del lavoro perché prevedere 3 anni di assunzione e poi libertà di licenziamento è un grimaldello contro l’unità della compagine lavorativa…
Va preso sul serio, però.
La sinistra dovrebbe essere sfidata da questa politica, dovrebbe prenderla sul serio perché è una politica più ambiziosa di quella precedente contro la quale noi abbiamo perso. Nella proposta di Renzi manca un intervento programmato e diretto di lotta alla disoccupazione e non è un caso che non ci sia un accenno al reddito di base. Di fatto, è una correzione interna a questo modello economico e sociale. Ma se uno dice che è uguale a Monti o Letta, allora non capisce. O hai l’armamentario critico per rispondere a questa nuova sfida o non esisti: infatti la sinistra non esiste, mi pare. Sbalordisce il coro della sinistra del Pd che sgomita per dire: ‘ma queste erano le nostre proposte…’. Mi viene da dire: peggio per te se quelle erano le tue proposte e non le hai realizzate… Per questo Renzi stravince: non c’è alternativa a lui nel centrosinistra, lui può solo temere qualche emendamento contro, ma non un’intera politica economica contro. Perchè non c'è.
Cosa ha indovinato Renzi?
Ha indovinato la tendenza europea. E’ come un surfista, sta sull’onda: lo ha fatto in politica e ora lo fa in economia. E con lui o hai un impianto di critica economica e politica o non ce la fai perché lui è sull’onda. E’ egemone, pensa come il senso comune. Anzi è la personificazione del senso comune. Padroneggia la lingua della gente comune e per questo scavalca il dibattito delle forze politiche: semplicemente ne è disinteressato. Tutti possono minacciarlo ma non possono farlo cadere.
Almeno avrà problemi con le coperture economiche per le sue riforme o no?
Magari li avrà, ma lui ha imparato bene la formula americana: ‘buono o cattivo, questo è il risultato’. E’ così che lui comunque guadagna il risultato.
Fausto Bertinotti se ne guarda bene dal dire che il programma esposto ieri dal presidente del Consiglio Matteo Renzi sia un programma di sinistra. Ma certo ammette divertito che l’operazione politica messa in campo dal segretario del Pd è una innovazione da non sottovalutare e, soprattutto, da non paragonare a quelle che abbiamo visto finora. “Sbalordisce il coro della sinistra del Pd che sgomita per dire: ‘ma queste erano le nostre proposte…’ - afferma sorridendo l’ex presidente della Camera - Mi viene da dire: peggio per te se quelle erano le tue proposte e non le hai realizzate…”. Però Renzi è un fenomeno che va analizzato non solo per le ricette economiche ma anche per il modo in cui le presenta, argomenta Bertinotti, convinto che i due fattori siano profondamente legati.
C’è chi sostiene che il programma esposto da Renzi dopo il consiglio dei ministri sia di sinistra. E’ così anche per lei?
Chiedersi se è di sinistra è la cartina di tornasole del fatto che non c’è più una cosa che noi abbiamo chiamato sinistra, cioè un’idea di alternativa di società. L’operazione di Renzi merita molta attenzione. E bisogna evitare di compiere l’errore di dire: ma è la solita cosa, non ci sono differenze rispetto al passato... Dire questo è speculare al dire che Renzi è di sinistra. Però prima vorrei soffermarmi sulla comunicazione di Renzi.
Che in effetti ha attratto molti editoriali, commenti, analisi…
Ed è un’attenzione giusta. Perché quel tipo di comunicazione è un elemento costitutivo del fenomeno Renzi. Non è trascurabile, non è un orpello. Inoltre, Renzi determina uno slittamento ulteriore verso una politica neoautoritaria, che abbiamo già visto all’opera con lo svuotamento del Parlamento in nome della governabilità e del governo in nome della Troika. Lui ci aggiunge un altro tocco. E cioè che al governo non è richiesto che faccia disegni di legge o decreti, ma che faccia annunci. Il che però non è meno importante, ma è un modo attraverso il quale l’intero processo legislativo viene vanificato. E’ un nuovo metodo, più simile ad una modalità di partito che alla gestione di un governo. E’ un fenomeno postmoderno. Possiamo dire che Renzi porta completamente il postmoderno sulla scia della politica e chiude non solo con la storia della sinistra del 900 ma anche con il moderno della politica democratica rappresentata dalla centralità del Parlamento.
Parliamo del merito.
Nel merito, quella di Renzi è la prima proposta di social-liberismo. Finora noi abbiamo avuto a che fare con l’austerity, abbiamo avuto una politica che ha fatto del debito l’alfa e omega del suo agire e quindi della parità di bilancio la sua ispirazione. Tutto è stato fatto con l’idea di ridurre il debito, anche se questo risultato poi non si è prodotto e naturalmente gli alfieri dell’austerity dicono che il motivo sta nella mancata crescita. Ma questa macchina si è un po’ imballata. Non è solo per via della crisi drammatica, della disoccupazione, fattori che le classi dirigenti possono anche decidere di non considerare. E’ proprio il motore che si è imballato e non si riesce a vedere una via d’uscita. Da qui, l’incertezza sociale, le mille tensioni tra Germania e Mediterraneo, tra Europa e Russia. In questa condizione, il mercato interno, i consumi non possono essere trascurati come era ieri fino a ieri e sta qui l’innovazione di Renzi. Lui conserva la durezza dell’impianto di politica economica, mantiene il nocciolo duro delle politiche neoliberiste, il primato del mercato, la competitività delle merci, il mantenimento di questo modello di sviluppo, l’attenzione al mercato. Ma contemporaneamente guarda ai consumi dei ceti più disagiati e poveri, per evitare il rischio di implosione sociale e ingovernabilità. Apre ad una politica cautamente redistributiva, attraverso gli 85 euro in più in busta paga per i redditi bassi e l’aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Questa è la componente social del suo liberismo che non prevede una demolizione dello stato sociale, al contrario di quanto abbiamo visto negli ultimi 15 anni fino a Monti. Renzi fa come Blair fece con la Thatcher: non la mise in discussione, ma non si accanì andando oltre, perché sposta il baricentro su una riforma strutturale del mercato del lavoro. Ed è qui che sta il carattere più liberista di Renzi: nella gigantesca liberalizzazione del mercato del lavoro perché prevedere 3 anni di assunzione e poi libertà di licenziamento è un grimaldello contro l’unità della compagine lavorativa…
Va preso sul serio, però.
La sinistra dovrebbe essere sfidata da questa politica, dovrebbe prenderla sul serio perché è una politica più ambiziosa di quella precedente contro la quale noi abbiamo perso. Nella proposta di Renzi manca un intervento programmato e diretto di lotta alla disoccupazione e non è un caso che non ci sia un accenno al reddito di base. Di fatto, è una correzione interna a questo modello economico e sociale. Ma se uno dice che è uguale a Monti o Letta, allora non capisce. O hai l’armamentario critico per rispondere a questa nuova sfida o non esisti: infatti la sinistra non esiste, mi pare. Sbalordisce il coro della sinistra del Pd che sgomita per dire: ‘ma queste erano le nostre proposte…’. Mi viene da dire: peggio per te se quelle erano le tue proposte e non le hai realizzate… Per questo Renzi stravince: non c’è alternativa a lui nel centrosinistra, lui può solo temere qualche emendamento contro, ma non un’intera politica economica contro. Perchè non c'è.
Cosa ha indovinato Renzi?
Ha indovinato la tendenza europea. E’ come un surfista, sta sull’onda: lo ha fatto in politica e ora lo fa in economia. E con lui o hai un impianto di critica economica e politica o non ce la fai perché lui è sull’onda. E’ egemone, pensa come il senso comune. Anzi è la personificazione del senso comune. Padroneggia la lingua della gente comune e per questo scavalca il dibattito delle forze politiche: semplicemente ne è disinteressato. Tutti possono minacciarlo ma non possono farlo cadere.
Almeno avrà problemi con le coperture economiche per le sue riforme o no?
Magari li avrà, ma lui ha imparato bene la formula americana: ‘buono o cattivo, questo è il risultato’. E’ così che lui comunque guadagna il risultato.