LETTURE/
“Una donna nel Gulag”: Anna Szyszko-Grzywacz, la vittoria dei vinti
Le memorie di Anna Szyszko-Grzywacz, “La mia vita nel Gulag.
Memorie da Vorkuta 1945-1956” sono un unicum nella letteratura del Gulag giunta
fino a noi
Elena Freda Piredda Pubblicato 20 Dicembre 2024
Le memorie dei lager sovietici disponibili per il lettore
italiano vedono perlopiù narratori e protagonisti maschili; sono poche, sebbene
rappresentative, le eccezioni (basti ricordare Viaggio nella vertigine di
Evgenija Ginzburg) e ancora più rare sono le opere scritte da donne di
nazionalità non russa. È questo un primo motivo che rende le memorie di Anna
Szyszko-Grzywacz, pubblicate da Guerini e Associati (La mia vita nel Gulag.
Memorie da Vorkuta 1945-1956 per la collana “Narrare la memoria” curata da Memorial
Italia, traduzione e postfazione di Luca Bernardini, 2024) un unicum nel
panorama della letteratura del Gulag giunta fino a noi.
L’eccezionalità di queste memorie, però, non si limita a
questo: La mia vita nel Gulag non nasce infatti subito come una testimonianza
scritta, ma è il frutto di una serie di conversazioni fra Anna e la figlia
Barbara, registrate nel 1994, a quasi quarant’anni dal ritorno di Anna in
patria dopo gli undici anni di lager trascorsi a Vorkuta, nel profondo della
Russia artica, nella Repubblica dei Komi. E proprio della conversazione queste
memorie, pubblicate per la prima volta in Polonia nel 2022, mantengono il
carattere discorsivo: la narrazione fluisce libera e rende il lettore parte di
un mondo ormai scomparso, ma ancora vivissimo nei ricordi della protagonista.
Nata nel 1923 nella parte orientale della Polonia (nella
regione di Vilna, l’odierna Vilnius), Anna Szyszko-Grzywacz entrò come
staffetta di collegamento nella Armia Krajowa, la resistenza polacca
antinazista, nel settembre del 1939. Quando i sovietici conquistarono Vilna, i
membri dell’Armia Krajowa che rifiutarono di arruolarsi nell’Armata Rossa
vennero arrestati. Fu questo anche il destino di Anna Szyszko-Grzywacz, che
venne però rilasciata e si unì a quel punto a una unità partigiana assumendo un
nuovo nome, Anna Norska. Sarà con questo nome che, arrestata dall’NKVD nel
1945, verrà condotta prima nel carcere di Vilna e poi nelle carceri di Mosca,
per essere infine condannata a vent’anni di lavori forzati nel lager di
Vorkuta, uno dei più duri di tutto il sistema dei Gulag. Verrà rilasciata poi
nel 1956, quando la stretta del potere si allenterà temporaneamente grazie alle
rivelazioni di Chruščev al XX Congresso del PCUS.
Anna tornerà nella Polonia ormai comunista, insieme al
futuro marito, Bernard Grzywacz, conosciuto proprio nel lager. Come ricorda la
figlia Barbara nell’epilogo delle memorie, dopo il ritorno in Polonia Anna e
Bernard “ebbero difficoltà ad affrontare la nuova realtà. Erano trascorsi
dodici anni dalla fine della guerra, anni che avevano cambiato tanto le persone
quanto il Paese. […] In quel nuovo Stato ‘socialista’ erano persone prive di un
passato di cui si potesse parlare in pubblico. Per loro, la vera famiglia erano
gli amici del periodo del Gulag. Uniti per sempre dalle esperienze comuni”
(….)
https://www.ilsussidiario.net/news/letture-una-donna-nel-gulag-anna-szyszko-grzywacz-la-vittoria-dei-vinti/2782578/#:~:text=RUSSIA-,LETTURE/%20%E2%80%9CUna%20donna%20nel%20Gulag%E2%80%9D%3A%20Anna%20Szyszko%2DGrzywacz%2C%20la%20vittoria%20dei,contributo%20per%20continuare%20a%20fornirti%20una%20informazione%20di%20qualit%C3%A0%20e%20indipendente.,-SOSTIENICI.%20DONA%20ORA