Torna alla luce il segreto inconfessabile del mitico welfare svedese. La sterilizzazione delle zingare
aprile 2, 2014
Lucetta Scaraffia
Articolo tratto dall’Osservatore Romano –
La Svezia, se pure con ritardo e un pezzo per volta, sta facendo i
conti con il suo passato eugenista. Se negli anni Novanta era finalmente
emersa la realtà degli aborti e delle sterilizzazioni praticate
prevalentemente sulle donne povere e sole, che avrebbero avuto
difficoltà ad allevare i figli, oggi si comincia a parlare delle
persecuzioni contro quella che veniva considerata una razza inferiore,
gli zingari. Il premier Fredrik Reinfeldt (foto sotto) infatti ha
chiesto scusa per le discriminazioni e le sterilizzazioni esercitate nei
confronti degli zingari nel periodo 1934-1974.
Non deve stupire che ciò sia accaduto proprio in quello che si può considerare il periodo d’oro dei governi socialdemocratici svedesi, quelli che hanno costruito il mito del welfare svedese, che assicurava un benessere sociale collettivo. Proprio quei socialdemocratici che hanno contato nelle loro file ben due premi Nobel, Gunnar e Alva Myrdal, autori di una complessa utopia sociale. I due Myrdal, infatti, sostenevano gli ideali eugenetici — se pur senza alcun richiamo a una retorica razziale — come crudo calcolo di risorse e mezzi di produzione.
Il risultato è stato che, anche dopo la caduta del regime nazista che aveva fatto dell’eugenetica una bandiera ideologica, poi esecrata dal mondo intero e condannata nel processo di Norimberga, in Svezia sono continuate le sterilizzazioni degli irregolari, i marginali, i poveri — soprattutto, all’ottanta per cento, donne — che avevano difficoltà a inserirsi nella nuova e ordinata società industriale che l’“ingegneria sociale” predicata dai Myrdal stava realizzando per il Paese.
Gli scienziati, le teorie eugenetiche elaborate per anni grazie a cospicui finanziamenti statali, servivano alla fine a garantire la buona riuscita del welfare, alleggerito grazie all’eliminazione di possibili cittadini deboli e bisognosi di assistenza. Non solo, quindi, qui come in altri Paesi, si sono verificate sevizie su esseri umani in base a teorie scientifiche completamente errate, ma addirittura è stata utilizzata la scienza per fare piazza pulita di futuri cittadini che avrebbero potuto creare problemi a un modello di welfare conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Per questo, in Svezia, si fa tanta fatica a parlare di questo oscuro passato. A rendere noti i primi scottanti documenti è stata una coraggiosa archivista, Maija Runcis, che ha aperto così la fase delle ricerche, alla quale hanno contribuito anche due storici italiani. Oggi a riaprire il problema è un governo di centro-destra, che probabilmente in questo modo cerca di screditare gli avversari, i socialdemocratici, che avevano addirittura proibito agli zingari di entrare in Svezia, anche quando Hitler aveva scatenato una persecuzione contro di loro, che portò alla morte di circa seicentomila persone nei campi di sterminio.
La Svezia moderna e razionale, tollerante e rispettosa dei diritti individuali nasconde quindi un fondo oscuro che non si può rimuovere tanto facilmente, e in qualche modo è penetrato nella mentalità locale: lo prova il fatto che una delle testimoni rom invitata per l’occasione si è vista negare l’ingresso nell’Hotel Sheraton, dove il primo ministro presentava appunto il rapporto sugli zingari. Ma speriamo che parlarne apertamente, riconoscendo l’errore e chiedendo scusa, serva a un vero rinnovamento della cultura svedese e a tutti suggerisca un ripensamento complessivo delle nuove politiche eugenetiche.
Non deve stupire che ciò sia accaduto proprio in quello che si può considerare il periodo d’oro dei governi socialdemocratici svedesi, quelli che hanno costruito il mito del welfare svedese, che assicurava un benessere sociale collettivo. Proprio quei socialdemocratici che hanno contato nelle loro file ben due premi Nobel, Gunnar e Alva Myrdal, autori di una complessa utopia sociale. I due Myrdal, infatti, sostenevano gli ideali eugenetici — se pur senza alcun richiamo a una retorica razziale — come crudo calcolo di risorse e mezzi di produzione.
Il risultato è stato che, anche dopo la caduta del regime nazista che aveva fatto dell’eugenetica una bandiera ideologica, poi esecrata dal mondo intero e condannata nel processo di Norimberga, in Svezia sono continuate le sterilizzazioni degli irregolari, i marginali, i poveri — soprattutto, all’ottanta per cento, donne — che avevano difficoltà a inserirsi nella nuova e ordinata società industriale che l’“ingegneria sociale” predicata dai Myrdal stava realizzando per il Paese.
Gli scienziati, le teorie eugenetiche elaborate per anni grazie a cospicui finanziamenti statali, servivano alla fine a garantire la buona riuscita del welfare, alleggerito grazie all’eliminazione di possibili cittadini deboli e bisognosi di assistenza. Non solo, quindi, qui come in altri Paesi, si sono verificate sevizie su esseri umani in base a teorie scientifiche completamente errate, ma addirittura è stata utilizzata la scienza per fare piazza pulita di futuri cittadini che avrebbero potuto creare problemi a un modello di welfare conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Per questo, in Svezia, si fa tanta fatica a parlare di questo oscuro passato. A rendere noti i primi scottanti documenti è stata una coraggiosa archivista, Maija Runcis, che ha aperto così la fase delle ricerche, alla quale hanno contribuito anche due storici italiani. Oggi a riaprire il problema è un governo di centro-destra, che probabilmente in questo modo cerca di screditare gli avversari, i socialdemocratici, che avevano addirittura proibito agli zingari di entrare in Svezia, anche quando Hitler aveva scatenato una persecuzione contro di loro, che portò alla morte di circa seicentomila persone nei campi di sterminio.
La Svezia moderna e razionale, tollerante e rispettosa dei diritti individuali nasconde quindi un fondo oscuro che non si può rimuovere tanto facilmente, e in qualche modo è penetrato nella mentalità locale: lo prova il fatto che una delle testimoni rom invitata per l’occasione si è vista negare l’ingresso nell’Hotel Sheraton, dove il primo ministro presentava appunto il rapporto sugli zingari. Ma speriamo che parlarne apertamente, riconoscendo l’errore e chiedendo scusa, serva a un vero rinnovamento della cultura svedese e a tutti suggerisca un ripensamento complessivo delle nuove politiche eugenetiche.