giovedì 24 aprile 2014

La paura della libertà uccide il futuro della Russia

RUSSIA

La paura della libertà uccide il futuro della Russia

di Marta Allevato

Serghei Chapnin, direttore della "Rivista del Patriarcato di Mosca" racconta ad AsiaNews le sfide della società contemporanea russa e il contributo che il cristianesimo può dare a un vero "cambiamento morale" del Paese.


Mosca (AsiaNews) - La necessità di dare un "giudizio morale" sul passato sovietico, recuperare il rispetto per la persona, insegnare ai giovani la libertà di pensiero cristiana e dare maggiore impulso alla "missione interna" della Chiesa, spiegando ai fedeli il significato vero del magistero. Sono queste alcune delle sfide più grandi che la società e la Chiesa ortodossa in Russia devono affrontare in questo momento, secondo il giornalista Serghei Chapnin, direttore della "Rivista del Patriarcato di Mosca" (17mila copie di tiratura su abbonamento in tutto il Paese), il mensile che racconta la vita pastorale della Chiesa e rilancia gli interventi dei vertici ecclesiastici.
Autore di un recente saggio dal titolo "La Chiesa nella Russia post-sovietica", Chapnin sostiene che il problema della Russia oggi - dalla società alla politica, fino alla fede - è non essersi ancora liberata della mentalità sovietica: guarda con preoccupazione a un "ritorno dell'Urss" tra le nuove generazioni, ai pressanti richiami al "rispetto dei valori tradizionali" lanciati dalla leadership del Paese e al progetto del Cremlino di fondare una "politica culturale di Stato", che rischia di diventare ideologia di regime.
E' convinto che un cambiamento possa arrivare, ma solo dal basso, partendo dal singolo cittadino. Per questo è importante, a suo dire, l'esempio che può offrire il cristiano, vivendo in coerenza con la sua fede.
Chapnin - che cura anche le pubblicazioni del Patriarcato - ha già iniziato una piccola rivoluzione, avviando una rivista mensile "Il tempio russo nel XXI secolo" che per la prima volta affronta la questione dell'architettura della chiese ortodosse moderne.  "E' un progetto avviato a inizio 2014 sulla base della constatazione che si stanno costruendo molte chiese, ma per lo più di cattiva qualità e gusto estetico", racconta in una conversazione con AsiaNews, nel suo ufficio a due passi dal monastero di Novodevichy a Mosca. La spiegazione, secondo il giornalista, è teologica: "Finché non capiamo cosa significa per noi la liturgia oggi, non capiremo di che tipo di chiese abbiamo bisogno".
Si tratta di una riflessione profonda, che livelli coinvolge e cosa riguarda in particolare?
Se ne parla da un anno e mezzo anche ai vertici ecclesiastici e si sta preparando un documento ufficiale. Non si tratta solo di pensare a strutture che vadano incontro alle esigenze dei parrocchiani (parcheggi gratuiti, guardaroba per i cappotti nelle regioni fredde...), ma anche alla forma stessa dell'altare: l'iconostasi deve coprirlo completamente o lasciarlo aperto in modo da far capire meglio la liturgia? Dal fatto che l'altare sia aperto o chiuso, dipende molto la percezione che hanno i fedeli della liturgia e penso che in futuro si andrà sempre di più verso la costruzione di altari aperti. La liturgia è oggi incomprensibile alla maggior parte dei fedeli: non solo per il fatto che si usa la lingua ecclesiastica antica, ma anche perché la gente non capisce cosa succede. Quello che manca è un lavoro serio di catechesi.

E' un problema solo di oggi?
Si tratta di un problema enorme, iniziato circa 25 anni fa, quando la Chiesa è tornata libera e all'improvviso di moda: molti si battezzavano ma non c'erano abbastanza catechisti e la gente non sapeva cosa fosse la fede cristiana, conosceva solo le formalità della vita religiosa, ma nessuno sapeva il significato spirituale di questi gesti o era consapevole del cambiamento che avrebbero dovuto apportare alla vita quotidiana. Non essendo mai veramente avvenuto un cambiamento interiore, in Russia si è radicata una concezione secolarizzata della Chiesa e della vita religiosa, come spazio in cui ricollegarsi al passato, ma senza prendere distanza dalla coscienza sovietica. Per questo sono possibili fenomeni come i 'comunisti ortodossi', gli 'ortodossi stalinisti' e via dicendo.
C'è speranza che le nuove generazioni rifiutino questa mentalità sovietica?
Purtroppo riguarda soprattutto i giovani, tra i quali si può parlare di 'ritorno all'Urss, perché educati in una scuola che non è mai cambiata da allora. Ed è un problema che affligge sia laici, che sacerdoti.
Di chi è la responsabilità?
Dipende in parte dalla politica, che sta riformando l'istruzione solo dal punto di vista dell'ottimizzazione delle spese e non della qualità dei contenuti, e dal fatto che non vi è mai stata una valutazione morale dell'esperienza sovietica.
Quali sono le conseguenze?
Il fiorire di qualunque interpretazione del passato. Nel XXI secolo ci viene detto che dobbiamo essere orgogliosi dei successi raggiunti dal nostro Paese in epoca sovietica in campo tecnologico, spaziale, militare...Ma se si solleva la questione della repressione, dei gulag, della mancanza di libertà, della guerra civile, veniamo accusati di non rispettiamo la patria. Si tratta di un'eroizazzione del passato molto primitiva e che spesso colpisce anche i nostri vescovi e preti. Io la chiamo schizofrenia storica, un male che ci affligge almeno da 10 se non 15 anni.
La Chiesa è stata tra le maggiori vittime di 70 anni di ateismo di Stato, non può fare nulla per la conservazione della memoria?
La Chiesa fa già molto, con la costruzione di memoriali e anche portando i bambini che frequentano il catechismo sui luoghi storici delle repressioni, come il poligono di Butovo a Mosca. Lo Stato, purtroppo, non ha mai pensato a una politica in questo senso e se non fosse per pochi entusiasti che sfidano burocrazie e ostacoli, la memoria storica di certi eventi sarebbe del tutto persa.
Come giudica l'introduzione dei corsi di "fondamenti di cultura religiosa" nelle scuole?
Le lezioni sono importanti, ma non risolvono il problema educativo dei nostri giovani. Non servirebbero, se lo Stato finalmente conducesse una de-ideologizzazioe dell'istruzione, ancora impregnata dall'ideologia sovietica e condotta da insegnanti che puniscono la libertà di pensiero.
Vede possibilità di cambiamento per il futuro?
Purtroppo no. I buoni insegnanti vanno via e ne arrivano di nuovi che non sanno costruire relazioni con i ragazzi, su cui non hanno alcuna autorità. Manca totalmente il rispetto per il professore, che c'era almeno fino agli anni '90.
Il problema del rispetto riguarda solo le scuole?
Il rispetto per l'essere umano è un problema gigante in Russia, che tocca ogni sfera della società e riguarda anche la Chiesa. Credo che, anche in questo caso, sia un retaggio dell'Urss: siamo tutti, nel profondo, sovietici e non ci rispettiamo l'un l'altro.
Il cristiano, però, dovrebbe vedere Dio nel prossimo e per questo rispettarlo.
A volte mi chiedo se i cristiani russi riescano a vederlo. Ci sono gruppi, anche tra i cristiani, che si comportano in modo così aggressivo che non sanno cosa sia il rispetto. Si cerca in continuazione un nemico da giudicare e combattere. Non esistono autorità morali nel Paese, come furono Serghei Averincev o Aleksandr Solzhenitsyn, e anche questo riflette la crisi della nostra società.
Eppure lo Stato fa continui richiami ai 'valori tradizionali', tra cui quelli cristiani. Cosa ne pensa?  
Lo Stato si trova in un vuoto di valori e, non potendone inventare di nuovi, si è rivolto a quelli che già esistevano. Solo che si è rivolto al passato imperiale, che aveva al centro l'ortodossia, mentre noi siamo figli di un altro impero, quello sovietico, ateo.
Significa che la gente non capisce cosa siano questi valori tradizionali?
Rifarsi ai valori cristiani scegliendo, come se si fosse al supermercato, solo quelli che interessano i propri scopi è molto pericoloso. Lo Stato condanna l'omosessualità, ma non la menzogna, ad esempio. Per quanto possiamo parlare di valori cristiani, tra la gente a prevalere sono quelli del periodo sovietico: sospetto, mancanza di fiducia e rispetto, individualismo, l'abitudine a giustificare le proprie scorrettezze col fatto che 'lo fanno tutti'. Così continua a proliferare la corruzione per esempio, perché non vi è stato un cambiamento del clima morale.
Cosa servirebbe per un vero cambiamento? Come può contribuire in questo il cristianesimo?
Servirebbe iniziare col cambiare se stessi. Purtroppo la religiosità contemporanea ortodossa, è duplice: nella vita privata siamo più o meno cristiani, mentre nella vita pubblica ci comportiamo come tutti gli altri. Ci sono eccezioni, ma sono poche.
Si tratta di una grande sfida per la missione della Chiesa ortodossa russa.
Il problema più grande e più urgente è dare impulso alla missione interna: insegnare a chi è battezzato cosa significa una vita cristiana. Bisogna capire che la Russia può vivere secondo i valori cristiani. Il cambiamento può avvenire solo dal basso per essere efficace. In questo, un ruolo fondamentale è svolto dai sacerdoti e dai vescovi, prima ancora che dal Patriarca, che devono essere da esempio per i fedeli. Ma purtroppo oggi abbiamo giovani vescovi già con seri problemi morali.
Come vede il progetto di creare una "politica culturale di Stato"?
Un tentativo di formare un'ideologia di Stato, cosa peraltro vietata dalla nostra Costituzione. Manca la volontà di spiegare alle persone cosa succede nel mondo e nel Paese e questo si vede anche nell'atteggiamento di chiusura e paura del potere verso i media e i politici indipendenti. Questa paura, però, uccide il futuro della Russia. Tutti cercano dall'alto un segnale e le domande 'dove andiamo' e 'come possiamo partecipare a un processo di viluppo' continuano a rimanere senza risposta.
Come descrive i rapporti degli ortodossi con i cattolici in Russia?
Ci sono buoni rapporti in diverse città, soprattutto tra i sacerdoti e le comunità dei giovani. In generale la situazione si sta sviluppando in modo positivo. Vediamo come la Chiesa cattolica ci guarda con rispetto e viceversa. Anche se esiste ancora un problema con certi cattolici, un po' chiusi che guardano con sospetto agli ortodossi. Credo che alla fine se ci sono interesse e  rispetto reciproco, tutto è possibile.