RUSSIA
La paura della libertà uccide il futuro della Russia
di Marta Allevato
Serghei
Chapnin, direttore della "Rivista del Patriarcato di Mosca" racconta ad
AsiaNews le sfide della società contemporanea russa e il contributo che
il cristianesimo può dare a un vero "cambiamento morale" del Paese.
Mosca (AsiaNews) - La necessità di dare un "giudizio morale" sul passato
sovietico, recuperare il rispetto per la persona, insegnare ai giovani la
libertà di pensiero cristiana e dare maggiore impulso alla "missione interna"
della Chiesa, spiegando ai fedeli il significato vero del magistero. Sono
queste alcune delle sfide più grandi che la società e la Chiesa ortodossa in
Russia devono affrontare in questo momento, secondo il giornalista Serghei
Chapnin, direttore della "Rivista del Patriarcato di Mosca" (17mila
copie di tiratura su abbonamento in tutto il Paese), il mensile che racconta la
vita pastorale della Chiesa e rilancia gli interventi dei vertici
ecclesiastici.
Autore di un recente saggio dal titolo "La Chiesa nella Russia
post-sovietica", Chapnin sostiene che il problema della Russia oggi - dalla
società alla politica, fino alla fede - è non essersi ancora liberata della
mentalità sovietica: guarda con preoccupazione a un "ritorno dell'Urss" tra le
nuove generazioni, ai pressanti richiami al "rispetto dei valori tradizionali"
lanciati dalla leadership del Paese e al progetto del Cremlino di fondare una
"politica culturale di Stato", che rischia di diventare ideologia di regime.
E' convinto che un cambiamento possa arrivare, ma solo dal basso,
partendo dal singolo cittadino. Per questo è importante, a suo dire, l'esempio che
può offrire il cristiano, vivendo in coerenza con la sua fede.
Chapnin - che cura anche le pubblicazioni del Patriarcato - ha già
iniziato una piccola rivoluzione, avviando una rivista mensile "Il tempio russo
nel XXI secolo" che per la prima volta affronta la questione dell'architettura
della chiese ortodosse moderne. "E' un
progetto avviato a inizio 2014 sulla base della constatazione che si stanno
costruendo molte chiese, ma per lo più di cattiva qualità e gusto estetico",
racconta in una conversazione con AsiaNews,
nel suo ufficio a due passi dal monastero di Novodevichy a Mosca. La
spiegazione, secondo il giornalista, è teologica: "Finché non capiamo cosa significa per noi la liturgia oggi, non
capiremo di che tipo di chiese abbiamo bisogno".
Si tratta di una riflessione profonda, che livelli
coinvolge e cosa riguarda in particolare?
Se ne parla da
un anno e mezzo anche ai vertici ecclesiastici e si sta preparando un documento
ufficiale. Non si tratta solo di pensare a strutture che vadano incontro alle
esigenze dei parrocchiani (parcheggi gratuiti, guardaroba per i cappotti nelle
regioni fredde...), ma anche alla forma stessa dell'altare: l'iconostasi deve
coprirlo completamente o lasciarlo aperto in modo da far capire meglio la
liturgia? Dal fatto che l'altare sia aperto o chiuso, dipende molto la
percezione che hanno i fedeli della liturgia e penso che in futuro si andrà
sempre di più verso la costruzione di altari aperti. La liturgia è oggi
incomprensibile alla maggior parte dei fedeli: non solo per il fatto che si usa
la lingua ecclesiastica antica, ma anche perché la gente non capisce cosa succede.
Quello che manca è un lavoro serio di catechesi.
E' un problema solo di oggi?
Si tratta di
un problema enorme, iniziato circa 25 anni fa, quando la Chiesa è tornata
libera e all'improvviso di moda: molti si battezzavano ma non c'erano
abbastanza catechisti e la gente non sapeva cosa fosse la fede cristiana, conosceva
solo le formalità della vita religiosa, ma
nessuno sapeva il significato spirituale di questi gesti o era consapevole del
cambiamento che avrebbero dovuto apportare alla vita quotidiana. Non essendo
mai veramente avvenuto un cambiamento interiore, in Russia si è radicata una concezione
secolarizzata della Chiesa e della vita religiosa, come spazio in cui
ricollegarsi al passato, ma senza prendere distanza dalla coscienza sovietica.
Per questo sono possibili fenomeni come i 'comunisti ortodossi', gli 'ortodossi
stalinisti' e via dicendo.
C'è speranza
che le nuove generazioni rifiutino questa mentalità sovietica?
Purtroppo
riguarda soprattutto i giovani, tra i
quali si può parlare di 'ritorno all'Urss, perché educati in una scuola che non
è mai cambiata da allora. Ed è un problema che affligge sia laici, che
sacerdoti.
Di chi è la
responsabilità?
Dipende in parte dalla politica, che sta riformando l'istruzione solo dal
punto di vista dell'ottimizzazione delle spese e non della qualità dei contenuti,
e dal fatto che non vi è mai stata una valutazione morale dell'esperienza
sovietica.
Quali sono le
conseguenze?
Il fiorire di qualunque interpretazione del passato.
Nel XXI secolo ci viene detto che dobbiamo
essere orgogliosi dei successi raggiunti dal nostro Paese in epoca sovietica in
campo tecnologico, spaziale, militare...Ma se si solleva la questione della
repressione, dei gulag, della mancanza di libertà, della guerra civile, veniamo
accusati di non rispettiamo la patria. Si tratta di un'eroizazzione del passato
molto primitiva e che spesso colpisce anche i nostri vescovi e preti. Io la
chiamo schizofrenia
storica, un male che ci affligge almeno da 10 se non 15 anni.
La Chiesa è
stata tra le maggiori vittime di 70 anni di ateismo di Stato, non può fare
nulla per la conservazione della memoria?
La Chiesa fa già molto, con la costruzione di memoriali e anche portando
i bambini che frequentano il catechismo sui luoghi storici delle repressioni,
come il poligono di Butovo a Mosca. Lo Stato, purtroppo, non ha mai pensato a
una politica in questo senso e se non fosse per pochi entusiasti che sfidano
burocrazie e ostacoli, la memoria storica di certi eventi sarebbe del tutto
persa.
Come giudica
l'introduzione dei corsi di "fondamenti di cultura religiosa" nelle scuole?
Le lezioni sono importanti, ma non risolvono il problema educativo dei
nostri giovani. Non servirebbero, se lo Stato finalmente conducesse una
de-ideologizzazioe dell'istruzione, ancora impregnata dall'ideologia sovietica
e condotta da insegnanti che puniscono la libertà di pensiero.
Vede
possibilità di cambiamento per il futuro?
Purtroppo no. I buoni insegnanti vanno via e ne arrivano di nuovi che non
sanno costruire relazioni con i ragazzi, su cui non
hanno alcuna autorità. Manca totalmente
il rispetto per il professore, che c'era almeno fino agli anni '90.
Il problema del rispetto riguarda solo le scuole?
Il rispetto
per l'essere umano è un problema gigante in Russia, che tocca ogni sfera della società e riguarda anche la Chiesa.
Credo che, anche in questo caso, sia un retaggio dell'Urss: siamo tutti, nel
profondo, sovietici e non ci rispettiamo l'un l'altro.
Il cristiano, però, dovrebbe vedere Dio nel prossimo
e per questo rispettarlo.
A volte mi
chiedo se i cristiani russi riescano a vederlo. Ci sono gruppi, anche tra i
cristiani, che si comportano in modo
così aggressivo che non sanno cosa sia il rispetto. Si cerca in
continuazione un nemico da giudicare e combattere. Non esistono autorità morali
nel Paese, come furono Serghei Averincev o Aleksandr Solzhenitsyn, e anche
questo riflette la crisi della nostra società.
Eppure lo Stato fa continui richiami ai 'valori
tradizionali', tra cui quelli cristiani. Cosa ne pensa?
Lo Stato si trova in un vuoto di valori e, non
potendone inventare di nuovi, si è rivolto a quelli che già esistevano. Solo
che si è rivolto al passato imperiale, che aveva al centro l'ortodossia, mentre
noi siamo figli di un altro impero, quello sovietico, ateo.
Significa che la gente non capisce cosa siano questi
valori tradizionali?
Rifarsi ai valori cristiani scegliendo, come se si fosse al supermercato,
solo quelli che interessano i propri scopi è molto pericoloso. Lo Stato
condanna l'omosessualità, ma non la menzogna, ad esempio. Per
quanto possiamo parlare di valori
cristiani, tra la gente a prevalere sono quelli del periodo sovietico:
sospetto, mancanza di fiducia e rispetto, individualismo, l'abitudine a giustificare
le proprie scorrettezze col fatto che 'lo fanno tutti'. Così continua a
proliferare la corruzione per esempio, perché non vi è stato un cambiamento del
clima morale.
Cosa servirebbe per un vero cambiamento? Come può
contribuire in questo il cristianesimo?
Servirebbe
iniziare col cambiare se stessi. Purtroppo la religiosità contemporanea ortodossa, è duplice: nella vita privata siamo
più o meno cristiani, mentre nella vita pubblica ci comportiamo come tutti gli
altri. Ci sono eccezioni, ma sono poche.
Si tratta di una grande sfida per la missione della
Chiesa ortodossa russa.
Il problema più grande e più urgente è dare impulso
alla missione interna: insegnare a chi è battezzato cosa significa una vita
cristiana.
Bisogna capire che la Russia può vivere
secondo i valori cristiani. Il cambiamento può avvenire solo dal basso per
essere efficace. In questo, un ruolo fondamentale è svolto dai sacerdoti e dai
vescovi, prima ancora che dal Patriarca, che devono essere da esempio per i
fedeli. Ma purtroppo oggi abbiamo giovani vescovi già con seri problemi morali.
Come vede il progetto di creare una
"politica culturale di Stato"?
Un tentativo di formare un'ideologia di Stato, cosa peraltro vietata
dalla nostra Costituzione. Manca la volontà di spiegare alle persone cosa succede
nel mondo e nel Paese e questo si vede anche nell'atteggiamento di chiusura e
paura del potere verso i media e i politici indipendenti. Questa paura, però,
uccide il futuro della Russia. Tutti
cercano dall'alto un segnale e le domande 'dove andiamo' e 'come possiamo
partecipare a un processo di viluppo' continuano a rimanere senza risposta.
Come descrive i rapporti degli ortodossi con i
cattolici in Russia?
Ci sono buoni
rapporti in diverse città, soprattutto tra i sacerdoti e le comunità dei
giovani. In generale la situazione si
sta sviluppando in modo positivo. Vediamo come la Chiesa cattolica ci guarda
con rispetto e viceversa. Anche se esiste ancora un problema con certi
cattolici, un po' chiusi che guardano con sospetto agli ortodossi. Credo che
alla fine se ci sono interesse e
rispetto reciproco, tutto è
possibile.