VERSO LA COLLETTA/2
Povertà: ecco chi (e come) fronteggia l'emergenza
di Maria Luisa Minelli
21/11/2014 - La legge di stabilità non ne fa accenno, eppure il numero di italiani "poveri assoluti" ha raggiunto i 6 milioni. Tra burocrazia, indifferenza e qualche spiraglio, qualcuno continua a «investire per un popolo»
La bozza della legge di stabilità è arrivata in Parlamento. Ma tra i
47 articoli che la compongono, una sorpresa inaspettata: nessun accenno
ad uno dei più grandi problemi dell’Italia di oggi: la povertà. Nelle
123 pagine della manovra finanziaria per il 2015 non si trova traccia di
un finanziamento del Fondo nazionale di aiuto agli indigenti. Eppure,
il numero di persone che non possono “permettersi” di fare la spesa è
aumentato del 20% in un solo anno, tra il 2012 e il 2013:
l’ultimo rapporto Istat fa rabbrividire, con 6 milioni di italiani
annoverati tra i "poveri assoluti". Ovvero, al di sotto di uno standard
di vita minimo accettabile.
Il problema dei finanziamenti alle 8900 strutture caritatevoli presenti nel territorio non è certo una novità. Alcuni enti come la Fondazione Banco Alimentare, Caritas, Sant'Egidio e Croce Rossa si sono fatti sentire e si sono coinvolti in un lavoro che va avanti da più di tre anni. Ma che, purtroppo, continua a subire rallentamenti di ogni genere. «La situazione più difficile è stata affrontata proprio quest’anno», spiega Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare Onlus. L’Italia, infatti, ha ricevuto i finanziamenti dal Fondo europeo di aiuto agli indigenti (Fead), previsto per il 2014-2020. Ma i soldi, di fatto, arriveranno nelle casse dello Stato solo a dicembre 2014. «È come ricevere lo stipendio alla fine del mese», spiega: «Abbiamo fatto di tutto per sbloccare quei fondi. Ma problemi burocratici non lo hanno permesso. Grazie ad un emendamento approvato dal Parlamento, l’aiuto è arrivato dal nostro Ministero dell’Agricoltura». A settembre, le opere caritatevoli hanno ricevuto 10 milioni di euro in pasta e farina per sfamare i bisognosi.
Ora, però, lo sgambetto sembra arrivare proprio da chi, l’anno passato, aveva teso una mano: «Dopo il lavoro fatto insieme a giugno dell’anno scorso, quando lo Stato ha concesso il fondo di 10 milioni di euro, non ci aspettavamo che questo strumento ci venisse tolto». Alla domanda di chi, come Lucchini, chiede spiegazioni, la risposta che giunge dal Ministero dell’Agricoltura è che ormai non si tratta più di un’emergenza, perché, in fondo, ci sono i soldi europei.
Come se il problema non riguardasse strettamente il nostro Paese, e potesse essere messo da parte: «Innanzitutto stiamo parlando di due fondi diversi, gestiti da ministeri diversi. Il fondo europeo è gestito dal Ministero del Welfare, quello nazionale gestito dal Ministero dell’Agricoltura. Di fatto è come se lo Stato stesse togliendo 10 milioni di euro ai poveri italiani». E non si guarda al dato più importante: «I poveri sono aumentati: prima, al Banco Alimentare, facevano richiesta per 1 milione e 300mila persone, quest’anno siamo arrivati a 2 milioni».
Il problema è stato segnalato: «Abbiamo fatto la proposta di un emendamento: speriamo che il Governo ascolti la nostra richiesta», dice Lucchini. E qualche spiraglio si è anche aperto, a leggere le ultime dichiarazioni del ministro Maurizio Martina, Politiche agricole, intervenuto al vertice Fao, giovedì 20 novembre: per il 2015, oltre ai 400 milioni di Bruxelles e ai 70 che dovrebbe aggiungere il Governo italiano, il suo ministero, riallocando le risorse interne, ha stanziato altri cinque milioni di euro. «Un segno di continuità, dunque», ha detto il Ministro, che già per settimana prossima ha in agenda un primo tavolo con gli enti caritativi.
Mentre la situazione rimane in sospeso, però, c’è chi non ha mai smesso di muoversi per aiutare: «Nel momento più difficile di quest’anno, quando si pensava di non riuscire più a sopperire alle richieste, l’aiuto più grande è arrivato dagli italiani, che non sono rimasti fermi: sono state organizzate raccolte di alimenti nelle scuole, nelle parrocchie, nei supermercati».
Un esempio? La Colletta alimentare straordinaria, organizzata dal Banco a giugno. «Hanno aderito 60mila volontari e la raccolta è stata fondamentale per poter arrivare fino a settembre, quando finalmente sono arrivati i finanziamenti statali», racconta Lucchini: «Per quanto ci riguarda, il Banco Alimentare cerca di aiutare in tre modi: lavora, con le altre opere affinché ci sia una base giuridica adatta a ricevere gli aiuti, e così facendo raccoglie circa 50mila tonnellate di cibo. Altre 20mila tonnellate arrivano dai grandi magazzini che ci donano i prodotti che non possono essere messi in commercio. Ancora 10 mila tonnellate infine provengono dalla Colletta alimentare». Il totale è di 80mila tonnellate di alimenti. Quest’anno le 50mila tonnellate che dovevano provenire dall’Europa non sono ancora arrivate. «Ma con la Colletta straordinaria, inventata all’ultimo momento, abbiamo raccolto circa la metà di quello che raccogliamo a novembre». Una goccia, certo, ma il bisogno è tale che occorrone qualunque tipo di aiuto.
«Noi speriamo che lo Stato capisca che investire nel bisogno alimentare non è a fondo perduto, e nemmeno un problema di beneficenza. Accompagnare una famiglia verso migliori possibilità di vita è un investimento per un popolo».Intanto, l'appuntamento è a sabato 29 novembre, per la prossima Colletta alimentare.
21/11/2014 - La legge di stabilità non ne fa accenno, eppure il numero di italiani "poveri assoluti" ha raggiunto i 6 milioni. Tra burocrazia, indifferenza e qualche spiraglio, qualcuno continua a «investire per un popolo»
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Colletta alimentare: appuntamento il 29 novembre.
Il problema dei finanziamenti alle 8900 strutture caritatevoli presenti nel territorio non è certo una novità. Alcuni enti come la Fondazione Banco Alimentare, Caritas, Sant'Egidio e Croce Rossa si sono fatti sentire e si sono coinvolti in un lavoro che va avanti da più di tre anni. Ma che, purtroppo, continua a subire rallentamenti di ogni genere. «La situazione più difficile è stata affrontata proprio quest’anno», spiega Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare Onlus. L’Italia, infatti, ha ricevuto i finanziamenti dal Fondo europeo di aiuto agli indigenti (Fead), previsto per il 2014-2020. Ma i soldi, di fatto, arriveranno nelle casse dello Stato solo a dicembre 2014. «È come ricevere lo stipendio alla fine del mese», spiega: «Abbiamo fatto di tutto per sbloccare quei fondi. Ma problemi burocratici non lo hanno permesso. Grazie ad un emendamento approvato dal Parlamento, l’aiuto è arrivato dal nostro Ministero dell’Agricoltura». A settembre, le opere caritatevoli hanno ricevuto 10 milioni di euro in pasta e farina per sfamare i bisognosi.
Ora, però, lo sgambetto sembra arrivare proprio da chi, l’anno passato, aveva teso una mano: «Dopo il lavoro fatto insieme a giugno dell’anno scorso, quando lo Stato ha concesso il fondo di 10 milioni di euro, non ci aspettavamo che questo strumento ci venisse tolto». Alla domanda di chi, come Lucchini, chiede spiegazioni, la risposta che giunge dal Ministero dell’Agricoltura è che ormai non si tratta più di un’emergenza, perché, in fondo, ci sono i soldi europei.
Come se il problema non riguardasse strettamente il nostro Paese, e potesse essere messo da parte: «Innanzitutto stiamo parlando di due fondi diversi, gestiti da ministeri diversi. Il fondo europeo è gestito dal Ministero del Welfare, quello nazionale gestito dal Ministero dell’Agricoltura. Di fatto è come se lo Stato stesse togliendo 10 milioni di euro ai poveri italiani». E non si guarda al dato più importante: «I poveri sono aumentati: prima, al Banco Alimentare, facevano richiesta per 1 milione e 300mila persone, quest’anno siamo arrivati a 2 milioni».
Il problema è stato segnalato: «Abbiamo fatto la proposta di un emendamento: speriamo che il Governo ascolti la nostra richiesta», dice Lucchini. E qualche spiraglio si è anche aperto, a leggere le ultime dichiarazioni del ministro Maurizio Martina, Politiche agricole, intervenuto al vertice Fao, giovedì 20 novembre: per il 2015, oltre ai 400 milioni di Bruxelles e ai 70 che dovrebbe aggiungere il Governo italiano, il suo ministero, riallocando le risorse interne, ha stanziato altri cinque milioni di euro. «Un segno di continuità, dunque», ha detto il Ministro, che già per settimana prossima ha in agenda un primo tavolo con gli enti caritativi.
Mentre la situazione rimane in sospeso, però, c’è chi non ha mai smesso di muoversi per aiutare: «Nel momento più difficile di quest’anno, quando si pensava di non riuscire più a sopperire alle richieste, l’aiuto più grande è arrivato dagli italiani, che non sono rimasti fermi: sono state organizzate raccolte di alimenti nelle scuole, nelle parrocchie, nei supermercati».
Un esempio? La Colletta alimentare straordinaria, organizzata dal Banco a giugno. «Hanno aderito 60mila volontari e la raccolta è stata fondamentale per poter arrivare fino a settembre, quando finalmente sono arrivati i finanziamenti statali», racconta Lucchini: «Per quanto ci riguarda, il Banco Alimentare cerca di aiutare in tre modi: lavora, con le altre opere affinché ci sia una base giuridica adatta a ricevere gli aiuti, e così facendo raccoglie circa 50mila tonnellate di cibo. Altre 20mila tonnellate arrivano dai grandi magazzini che ci donano i prodotti che non possono essere messi in commercio. Ancora 10 mila tonnellate infine provengono dalla Colletta alimentare». Il totale è di 80mila tonnellate di alimenti. Quest’anno le 50mila tonnellate che dovevano provenire dall’Europa non sono ancora arrivate. «Ma con la Colletta straordinaria, inventata all’ultimo momento, abbiamo raccolto circa la metà di quello che raccogliamo a novembre». Una goccia, certo, ma il bisogno è tale che occorrone qualunque tipo di aiuto.
«Noi speriamo che lo Stato capisca che investire nel bisogno alimentare non è a fondo perduto, e nemmeno un problema di beneficenza. Accompagnare una famiglia verso migliori possibilità di vita è un investimento per un popolo».Intanto, l'appuntamento è a sabato 29 novembre, per la prossima Colletta alimentare.