"La morte per scelta di Brittany Maynard ha riproposto il problema su
tutti i media, pronti a gettare sul campo le solite ragioni a favore
dell’eutanasia, sen- za l’avvertenza di segnalare che la questione si
sta velocemente allar- gando: dai casi di vita considerata come
vegetativa, si è passati a so- stenere apertamente la scelta euta-
nasica di persone che ancora sono in possesso di tutte le loro facoltà,
ma hanno avuto una diagnosi in- fausta. La maggior parte dei com- menti
sembrano infatti favorevoli alla scelta della giovane americana, la
leggono come una prova di co- raggio e soprattutto la interpretano come
un allargamento della sfera dei diritti umani. Scegliere quando e come
morire sarebbe infatti un nuovo diritto conquistato, un’altra
acquisizione ai fini del riconosci- mento della dignità umana.
Quin-
di, all’opposto, chi esprime dubbi e critiche sarebbe solo un
retrogrado, un oppositore di questo positivo allargamento, una persona
che vuole condannare il suo paese a un vergognoso “ritardo”.
Questa
storia del ritardo l’aveva- mo già sentita — per esempio a proposito
dell’aborto — e si basa su un evidente disprezzo per chi pen- sa
diversamente, a cui non si vuole neppure riconoscere la dignità di un
pensiero differente, critico. In- vece di vedersi riconosciuta l’iden-
tità di interlocutore che ha un’opi- nione diversa sulla natura umana,
chi non condivide il pensiero do- minante si vede etichettato come un
penoso “ritardatario”, a cui con- verrebbe adeguarsi in fretta al
“progresso” per non diventare qua- si ridicolo. È chiaro che in queste
condizioni il dialogo diventa im- possibile, e i sostenitori di una par-
te, quella favorevole all’eutanasia, si avviano con prepotenza a una
vittoriosa avanzata nell’opinione pubblica.
Per affrontare questo
problema serve domandarsi come è nato, quando cioè l’eutanasia è
diventata una proposta non solo legale, ma addirittura allettante. Dal
momento che la sofferenza fisica non è mai mancata — anzi, in assenza
di cure palliative veramente efficaci era molto più pesante di oggi —
può stupire il fatto che in passato non sia stata presa in
considerazione la scelta di morte come possibilità tranne che in rari
casi, e quindi nessuno abbia mai chiesto di legi- ferare in proposito.
Il problema di intervenire per decidere la morte di un essere umano si
è presentato so- lo in tempi recenti perché nasce dai progressi della
medicina: negli ulti- mi anni sono stati infatti scoperti farmaci e
strumenti in grado di prolungare la vita umana di perso- ne che un tempo
avrebbero avuto i giorni contati.
Ma subito è sorto il problema
dell’accanimento terapeutico: quan- do questi interventi hanno il bene-
fico potere di salvare una vita, e quando invece sono solo l’indebito
prolungamento di una condizione sofferente? È in questo contesto che i
medici hanno cominciato a intervenire spegnendo le macchine, sospendendo
le cure: interventi quasi sempre motivati da pietà da- vanti
all’inutilità delle cure, da giu- sta resa davanti alla morte. Ma che
hanno abituato medici e pazienti all’idea della morte a comando, della
possibile fuga dal dolore af- frettando la fine. Idea che viene
continuamente presentata come una liberazione anche quando, co- me
succede oggi, le terapie antido- lore hanno raggiunto risultati quasi
sorprendenti. Il problema piuttosto è garantire l’accesso alle cure
pal- liative a tutti.
Questo profondo cambiamento nel modo di vivere
la morte deve ancora essere discusso, assimilato nella nostra vita
quotidiana, sotto- posto a esame per capire cosa si- gnifica questa
incursione della tec- nica nell’esistenza umana. Solo così potremo
discutere serenamente del “diritto” di morire, e potranno es- sere
ascoltate con rispetto e atten- zione anche le parole di chi si pro-
nuncia in modo contrario alla mo- da del tempo."
Lucetta Scaraffia (facebok)